Economia

Senza i soldi della Fiat gli Agnelli finiscono alla corte De Benedetti

Le ambizioni editoriali di Jaki, già azionista dell'«Economist», si ridimensionano. Tutto farà capo a Exor. È la vittoria di Marchionne che ha imposto l'uscita di Fca dai giornali

Senza i soldi della Fiat gli Agnelli finiscono  alla corte De Benedetti

Alla fine l'ha spuntata Sergio Marchionne: Fca si libera delle quote nel Corriere della Sera e nella Stampa, e ritorna alle origini, cioè a occuparsi solo di automobili. L'ad del Lingotto ha ora le mani libere per portare a termine il piano del gruppo, senza dover correre il rischio di ricorrere al portafoglio per cause editoriali che non lo hanno mai entusiasmato (l'incubo di un ennesimo aumento di capitale) e di andare incontro a problemi d'immagine negli Usa dove il mix tra giornali, per di più il più importante quotidiano italiano, e auto non è gradito.

Ecco allora John Elkann, presidente di Fca, convincersi che è giunto il momento di portare fuori il Lingotto da Corriere (i corsi di Borsa non impongono grosse perdite) e Stampa, per finire nelle braccia di Rodolfo De Benedetti, fondendo il quotidiano torinese con Repubblica, e assumere nella nuova società il ruolo di socio di minoranza. Il braccio di ferro tra Elkann e Marchionne, in verità, è iniziato lo scorso anno, insieme alle voci di disimpegno di Fca, primo azionista con il 16,7%, da Rcs, di cui il Giornale aveva dato per primo conto. Le smentite hanno solo coperto il raggiungimento di un accordo tra presidente e ad: le iniziative editoriali degli Agnelli finiscono nella «cassaforte» Exor, mentre Marchionne può ora pensare al rafforzamento del gruppo automobilistico con un nuovo partner, indispensabile per condividere i costi delle nuove tecnologie (ibrido, connettività) e accorciare il ritardo con i concorrenti.Chiuso il capitolo Corriere, uno degli «amori» del nonno Gianni Agnelli, Elkann continua comunque a percorrere la strada dell'editoria, tenendo così fede alla passione di famiglia.

Quello con De Benedetti viene descritto come un investimento industriale di lungo termine, anche se i maliziosi sostengono che per il nipote dell'Avvocato è stata una scelta obbligata dopo aver visto fallire i suoi piani all'interno del Corriere, come il tentativo di convergenza con La Stampa, al quale si era opposto l'ex direttore Ferruccio de Bortoli. Sembra, comunque, che Rodolfo De Benedetti e John Elkann, lavorassero da tempo a un possibile matrimonio tra i due gruppi editoriali. E dopo vari tentativi andati a vuoto, ecco presentarsi i tempi maturi per il matrimonio, complice anche il momento di difficoltà in cui si dibatte l'editoria. Non è la prima volta che le famiglie De Benedetti e Agnelli si incontrano. Il papà di Rodolfo, Carlo, nel 1976 era stato per alcuni mesi ad di Fiat. La rottura con Gianni Agnelli avvenne perché l'Ingegnere aveva messo sul tavolo dell'Avvocato una soluzione drastica per risolvere la crisi dell'azienda: mandare a casa 25mila persone. Se ne andò invece lui. E ora c'è da scommettere che la mossa del primogenito (55 anni) di Carlo De Benedetti, sostenuto dall'ad della holding Cir e del Gruppo l'Espresso, Monica Mondardini, e del nipote (40 anni) di Gianni Agnelli, finirà anche per dare il via a un risiko dell'editoria. E così Elkann dà seguito alla slogan coniato tempo fa per Fca, ma ancora irrealizzato, secondo cui «è meglio essere piccoli in un grande gruppo che fissarsi nella staticità dell'esistente». L'erede dell'Avvocato, nella nuova società, dovrà confrontarsi con un solo azionista forte, Rodolfo De Benedetti, insieme ai fratelli Marco ed Edoardo, e non più con tanti soci, tra imprenditori (anche litigiosi), banche e i sempre più numerosi fondi presenti in Rcs.

L'editoria è dunque in fermento e il nuovo socio di De Benedetti è uno dei protagonisti più attivi: la non facile salita nel Corriere, la fusione de La Stampa con Il Secolo XIX, la recente conquista della maggioranza nell'Economist e la presenza nel board della New News Corp di Rupert Murdoch. E ora l'asse con De Benedetti, nel cui gruppo Elkann ritrova Mario Calabresi, l'ex direttore della Stampa da metà gennaio a capo di Repubblica («una coincidenza, nulla di preordinato», dicono).

Intanto non manca chi storce il naso: «Qui, a stravincere, è solo De Benedetti».

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