Senza musica i testi sono belli Meglio lui di tanti «Autori»

Senza musica i testi sono belli Meglio lui di tanti «Autori»
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S olo i santi e i permalosi cascano dal divano delle nuvole. Da anni il Premio Nobel è il Festivalbar della letteratura occidentale, il palco da cui gli accademici svedesi fanno sonore pernacchie al buon senso estetico. Eppure vogliamo dirci, una volta tanto, la verità: meglio Bob Dylan dei romanzi pallosi di Le Clezio e delle pagine soporifere di Elfriede Jelinek, ma anche dei libri solubili di Patrick Modiano, ma vi rendete conto che hanno dato il Nobel a Winston Churchill? Al contrario, Bob Dylan è davvero «uno dei più grandi poeti del secolo scorso» (così Fernanda Pivano, che è stata la prima ad aver sdoganato Dylan in Italia, cinquant'anni fa, e a proporlo per il Nobel), e i poeti rosicano perché tutti i poeti, in fondo, desiderano essere delle rockstar uno, in effetti, c'è, Umberto Fiori, già voce degli Stormy Six, ora con l'alloro Mondadori in zucca e nessuno, ovviamente, ha da ridire. Difficile credere che la letteratura debba stare nelle teche d'avorio dell'endecasillabo. Bob Dylan, vero «lirico» nel senso che, al modo della poesia greca, impasta le parole con il canto e con il tintinnio della lira è già canonizzato da un pezzo, per lo meno dal 1985, quando Knopf pubblica i testi di Dylan, liricamente autosufficienti anche senza chitarra e fisarmonica. Nel 2003, poi, quando Christopher Ricks, un mandarino della critica letteraria occidentale, uno che ha studiato Milton, Keats, Beckett e tutto T. S. Eliot, se ne è uscito con Dylan's Vision of Sin, 500 pagine in cui compara le poesie di Bob a quelle di William B. Yeats, di Thomas Hardy e di Christopher Marlowe, le strimpellate di Robert Allen Zimmerman sono diventate pappa universitaria.

Insomma, nei paesi poeticamente più civili non si fanno problemi, d'altronde W. H. Auden, uno che ha capito tutto («Solo un talento mediocre può essere un perfetto signore; un grande talento implica sempre una buona dose di cialtroneria») scriveva canzoni per Benjamin Britten e per Igor Stravinskij e per gli amici suoi.

Da noi, invece, i poeti desiderano un palco, anzi, un sindacato, per veder riconosciuto il proprio valore. Precisiamo, però, che un conto è Bob Dylan, un conto è la sua copia stinta, Francesco De Gregori. Per il prossimo Nobel alla letteratura candidiamo Nick Cave.

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