"Senza proposte credibili giusto nazionalizzare Ilva"

Salvini apre al salvataggio di Stato dopo l'inchiesta di Moneta. In tredici anni di errori bruciati 50 miliardi

"Senza proposte credibili giusto nazionalizzare Ilva"
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L'appello a una scelta conclusiva lanciato da Moneta a corredo del servizio di copertina sul dramma dell'ex Ilva non è caduto nel vuoto. «Sono favorevole ad una nazionalizzazione se non c'è un privato con un piano credibile. Se non arriva nessuno che fa un intervento serio è giusto che lo Stato faccia la sua parte», ha detto ieri il vice premier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, a margine del Festival dell'Economia di Trento.

Il tema della nazionalizzazione, o di un taglio netto definitivo, entrano ora di diritto nel dibattito sul destino dello storico polo siderurgico che, gestito da 8 diversi governi e dopo 13 anni di errori e strategie a singhiozzo, è sempre più vicino all'ultima colata.

Un dramma che si è ripalesato quando la un'ennesima svolta sembrava dietro l'angolo. Dopo il commissariamento dell'autunno 2023 e un lungo percorso di gara, il Mimit aveva finalmente iniziato la trattativa in esclusiva con il soggetto risultato vincente: gli azeri di Baku Steel. Nei primi giorni di maggio, però, un incidente all'Altoforno 1 e il colpevole ritardo della magistratura, hanno scompaginato le carte e compromesso la trattativa con Baku che al momento resta in campo, come confermato dal Mimit, ma ora tratta al ribasso.

Una situazione che potrebbe spingere il governo a prendere nuove strade, come appunto la nazionalizzazione. Dopo il vertice tra l'esecutivo e i sindacati andato in scena mercoledì scorso e sospeso per la conclamata distanza tra le parti, un nuovo round era stato fissato per la prossima settimana, salvo poi andare ulteriormente ai supplementari: sarà tra due settimane, il 9 giugno alle ore 18.

In particolare, il ministro delle Imprese Adolfo Urso guarda al confronto sottolineando «la necessità di capire» come, con un altoforno spento dopo l'incendio (secondo alcuni sospetto) all'acciaieria, «si possa gestire il problema occupazionale, perché metà produzione significa inevitabilmente metà occupazione».

Una condizione che i sindacati rifiutano tout court: «Nessun accordo, l'occupazione va salvaguardata tutta, perché ci sono le condizioni di investire e garantire le capacità produttive e questa è una cosa che deve fare il Governo. Non può essere che ricada sui lavoratori con la cassa integrazione o con decisioni di fatto di dismettere sostanzialmente delle attività», ha commentato Maurizio Landini.

I dipendenti in Cig, dunque, potrebbero tranquillamente salire a 5-6mila dagli attuali 4mila. Tutto dipenderà da cosa accadrà nelle prossime due settimane e da quale decisione prenderà il governo che potrebbe anche coinvolgere il sistema industriale italiano se non vuole battere la strada della chiusura tout court. Non a caso, sempre dal Festival di Trento, Emma Marcegaglia avverte: «Non possiamo perdere la produzione di acciaio in Italia». Il ministro Urso ha fatto un «appello a tutti», alla «piena responsabilità e collaborazione, dai sindacati agli enti locali. Ci vuole la massima responsabilità, anche perché - dice - il negoziato è in corso e se si danno segnali così negativi è chiaro che poi la strada diventa in salita». Con Baku Steel, a quanto si apprende, resta aperto un canale continuo di confronto, si va avanti nella trattativa per la cessione agli azeri anche se, inevitabilmente, i danni all'altoforno («come conseguenza della decisione della Procura», ribadisce Urso) rendono questa fase particolarmente delicata.

A dare la misura di quanto la situazione negli anni si sia incartata sono poi le cronache dal tribunale. È ripresa infatti venerdì nel Palazzo di Giustizia di Potenza l'udienza preliminare del processo Ambiente svenduto, sul presunto disastro ambientale prodotto tra il 1995 e il 2012 dall'ex Ilva di Taranto, durante la gestione della famiglia Riva. Al giudice per l'udienza preliminare, Francesco Valente, è stata richiesta l'estensione della chiamata di responsabile civile da alcune parti che non l'avevano già fatto nelle udienze precedenti: sono state ammesse come parti civili le sole che avevano avanzato la richiesta in fase di costituzione. I vari responsabili civili - tra cui la Società Riva e la Regione Puglia - si sono opposti e i loro avvocati hanno depositato memorie, eccependo la richiesta di chiamata in causa. Sulle domande delle parti civili e sulle opposizioni delle difese, il gup si è riservato di decidere rinviando alla prossima udienza fissata per il 13 giugno.

L'ennesima puntata di un processo infinito che è oggi chiaramente leggibile come

l'inizio di tutti i problemi che fanno dell'ex Ilva uno dei più grandi disastri della storia industriale del Paese: 50 miliardi di ricchezza bruciati, nessuna verità processuale e una produzione siderurgica ridotta quasi a zero.

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