
Novantasei ettari di amore e fede, di allegria e divertimento. Alcuni si definiscono "giovani leoni", altri preferiscono il più classico "Papaboys 2.0", non perché si sentano più evoluti dei "boomer (o dinosauri) della Gmg del 2000", spiegano ridendo, ma perché hanno vissuto grandi emozioni con due pontefici: la Gmg di Lisbona con Francesco e questo Giubileo dei Giovani con Leone XIV.
Sono i ragazzi che tra tende, sacchi a pelo, strimpellii e tamburi hanno affollato per un giorno e mezzo la sconfinata spianata di Tor Vergata per l'evento più atteso dell'anno santo. Non si vedono tanti telefonini in giro e nemmeno giovanissimi pellegrini connessi a TikTok, forse perché c'è talmente tanta gente che si fa fatica a collegarsi. Ed è quindi una buona occasione per fare nuove amicizie, scambiare oggetti e ricordi con ragazzi di altri Paesi, provare a imparare nuove lingue, scambiare numeri di telefono e indirizzi postali, proprio come facevano "i dinosauri della Gmg del 2000". "Ho conosciuto un gruppo di ragazzi del Guatemala", racconta un pellegrino di 21 anni che si è appena svegliato, "abbiamo parlato un po' ed è assurdo come siano diverse le nostre vite. Ma nonostante ciò siamo uniti nella fede nel Signore, che ci ama e ci vuole fratelli".
Non è l'unico giovane pellegrino a parlare di Dio e della fede anziché di calcio e di videogames; forse per un adulto abituato a vederli davanti alle console o davanti agli schermi per produrre delle "live", potrebbe sembrare tutto davvero eccezionale. Si può parlare di un nuovo risveglio cattolico dei giovani? Tra i volontari e gli accompagnatori c'è chi si dice positivamente sorpreso della reazione di alcuni ragazzi a queste giornate di festa e spiritualità. Non si stupisce invece un "missionario digitale" come don Cosimo Schena, prete "influencer", della diocesi di Brindisi con centinaia di migliaia di followers, anche lui presente al Giubileo dei giovani. A il Giornale commenta: "Non mi meraviglio affatto, ogni giorni ricevo centinaia di messaggi molto profondi da ragazze e ragazzi che vogliono conoscere Dio. È solo un pregiudizio di noi adulti pensare che questi ragazzi pensino solo ai social o al divertimento. Ciò che si visto a Tor Vergata è un segno: bisogna dare più spazio ai giovani, mettersi in ascolto dei loro sogni e dei loro desideri, incoraggiandoli ad andare sempre avanti".
Gli esempi, in effetti, non mancano: non troppo lontano dal palco incontriamo due giovani che arrivano dall'Albania e che parlano un italiano perfetto, fanno parte del gruppo nazionale delle diocesi del Paese presenti a Roma per questo grande evento: "Il Papa ha parlato di amicizia, nell'amicizia possiamo incontrare l'amore di Dio e vivere questo amore vuol dire avere speranza per la pace, ciò di cui il mondo di oggi ha bisogno", dice Ben. Interviene Helena: "Siamo qui per cercare un segno di speranza, siamo uniti per sentire la parola di Papa Leone e fare un incontro speciale con Dio. Vogliamo cercare la felicità, stiamo davvero cercando il Signore". Non sono pochi i "Papaboys 2.0" che nel 2023 erano già stati a Lisbona, alla Gmg con Papa Francesco. Lì, per molti di loro, era iniziato un percorso, avevano raccolto quell'invito di Bergoglio per una Chiesa che spalancasse le braccia, una Chiesa per "todos, todos, todos", proprio per tutti.
"Dobbiamo riprendere quel motto, riscoprirlo soprattutto oggi che Francesco non c'è più", dice Marcello, un diciannovenne che arriva dalla Puglia, "lo dico perché penso che solo insieme possiamo creare qualcosa di diverso, qualcosa di bello".Dopotutto, anche Leone XIV, ieri mattina ha ribadito il concetto: "Voi siete segno che un mondo diverso è possibile, dove i conflitti si superano con il dialogo e non con le armi".