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La Severino ormai è abrogata Serviva a cacciare il Cavaliere

I casi di de Magistris e De Luca insegnano: la legge, con l'aiuto dei magistrati, è stata svuotata L'applicazione rigorosa? Soltanto con Berlusconi. E adesso il Parlamento potrebbe cambiarla

La Severino ormai è abrogata Serviva a cacciare il Cavaliere

Roma - La legge Severino è ormai il fantasma di se stessa. Il caso de Magistris prima e quello De Luca poi l'hanno svuotata di ogni sostanza. Con l'aiuto della magistratura, il primo è rimasto sindaco di Napoli, malgrado la condanna in primo grado che doveva comportare la sospensione dalla sua carica, fino all'assoluzione di novembre. Il secondo l'ha sfidata frontalmente, candidandosi malgrado la condanna del tribunale e rimanendo al suo posto dopo l'elezione, sempre grazie a ricorsi, pronunce di Tar e giudice ordinario, sospensioni delle sospensive e reintegri conseguenti, in attesa dell'assoluzione puntualmente arrivata venerdì dalla Corte d'Appello. Per ambedue, in caso contrario, la prescrizione del reato di abuso d'ufficio avrebbe comunque provveduto a neutralizzare gli effetti della legge.E allora, a che cosa serve la norma voluta dalla Guardasigilli del governo Monti, Paola Severino, approvata dal Parlamento, promulgata dal Quirinale, applicata dal governo Renzi, difesa nella sua legittimità dalla Corte costituzionale proprio dopo il ricorso di de Magistris?È evidente il paradosso di una norma in vigore, che viene abrogata nella sostanza perché si perde nelle contorte vie giudiziarie, capaci di decretarne l'inapplicabilità di fatto.La Severino, nata per restituire credibilità alle pubbliche amministrazioni, per ripulire l'immagine infangata dei politici, sembra contribuire invece alla messa in berlina delle istituzioni stesse.L'unico a subirne clamorosamente le conseguenze è stato Silvio Berlusconi, estromesso dal Senato dopo la condanna in Cassazione per frode fiscale. Con lui, un pugno di piccoli amministratori.Rimane il fatto che la legge fa acqua da tutte le parti e mostra la sua inefficacia nei casi del sindaco napoletano e del governatore campano. Così, si torna a chiederne la correzione, un ripensamento.«È sbagliata», gridano in coro De Luca e de Magistris, forti delle loro vittorie. «Una roulette russa», precisa Deborah Bergamini di Fi, che pensa al suo leader privato dell'agibilità politica. Il ricorso alla Corte costituzionale di De Luca per l'interessato perde ormai qualsiasi interesse, ma serve a completare il giudizio del giudice delle leggi. Che il 20 ottobre 2015 ha ritenuto infondato il dubbio di costituzionalità sollevato da de Magistris sull'applicazione retroattiva delle norme, ma ora dovrà pronunciarsi su altri due punti fondamentali. Il primo è la disparità di trattamento tra amministratori locali come sindaci e governatori, da un lato e parlamentari, per i quali la sospensione dalla carica scatta solo dopo la condanna definitiva, mentre per gli altri già dal primo grado. Il secondo è l'eccesso di delega, perché tra i reati che fanno scattare la Severino è stato inserito l'abuso d'ufficio, in origine non previsto. Senza aspettare la Consulta, però, le diatribe tra i giuristi e le proteste da parte di parlamentari potrebbero convincere il Parlamento a modificare la legge Severino.

Quella che, alla prova dei fatti, si è frantumata contro lo specchio della concreta realtà.

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