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Sfida Boris-Corbyn in tv. Il premier: ora la Brexit Il rivale: serve più Stato

Primo confronto tra i due. Il Labour cerca la rimonta. E i LibDem esclusi protestano

Sfida Boris-Corbyn in tv. Il premier: ora la Brexit Il rivale: serve più Stato

Londra - Alla destra del teleschermo Jeremy Corbyn, cravatta rossa, barba regolata nel pomeriggio con video postato su Twitter e occhiali leggermente storti, un po' minacciosi. Alla sinistra Boris Johnson, zazzera scompigliata, pugno proteso in avanti a dar forza alle proprie parole. Entrambi in piedi dietro un podio, ospiti degli studi di Manchester della televisione privata Itv, di fronte un pubblico di circa 200 persone. Ieri sera è andato in onda il primo dei due dibattiti televisivi tra il primo ministro uscente e il principale leader del partito di opposizione, l'altro sarà in casa della Bbc a inizio dicembre. Per il Regno Unito è stata la prima volta di un dibattito televisivo a due ed entrambi i contendenti ci sono arrivati con la necessità di giocare in attacco e parlare agli elettori.

Dopo circa tre settimane di campagna elettorale secondo tutti i sondaggi il Labour si trova a rincorrere, dietro di oltre 10 punti percentuali rispetto ai conservatori. In un'elezione vista da molti come una sorta di secondo referendum sulla Brexit, è proprio la posizione verso l'Ue il tallone d'Achille di Corbyn. Nel tentativo di tenere insieme le anime opposte del partito la sua proposta è di negoziare un nuovo accordo con l'Europa (sarebbe il terzo, chissà cosa ne pensa Bruxelles) e poi indire un successivo referendum popolare, senza però rivelare l'esito preferito. Una posizione pilatesca e confusa, continuamente attaccata sia dai conservatori, a favore dell'addio all'Europa, sia dai Lib-Dem, che puntano tutto sulla carta Remain. Anche ieri sera Corbyn ha cercato di introdurre nel dibattito i temi economici e sociali su cui sente di poter sfidare Johnson: più tasse e più Stato, progetti di nazionalizzazione, più fondi per la sanità pubblica. Dal canto loro i conservatori non possono arroccarsi sulla difensiva di un consistente vantaggio nei sondaggi: pur avanti a livello Paese, per ottenere una maggioranza parlamentare devono infatti riuscire a far breccia in molti collegi laburisti con simpatie pro Brexit, che si trovano soprattutto nel Nord dell'Inghilterra, e sfondare in circoscrizioni dove da sempre la gente ha votato a sinistra ma il cui risentimento contro Bruxelles potrebbe cambiare dinamiche consolidate.

Difendersi in politica interna e contrattaccare sulla Brexit, la tattica di Johnson. Che non ha aspettato il dibattito di ieri sera ma ha giocato d'anticipo con un tweet in cui lunedì notte ha chiesto a Corbyn di chiarire la sua posizione su Brexit e immigrazione. Un modo per definire l'agenda del dibattito e dei prossimi giorni di campagna elettorale.

Due personaggi e due stili diversi, nel pubblico e nel privato, che si giocano la partita della vita. I sondaggi dei prossimi giorni diranno chi ha vinto, nel frattempo entrambi cercano di veicolare l'idea che le elezioni di dicembre siano una scelta fra loro due, altro posto al tavolo non c'è. Conservatori e laburisti rischiano di prestare il fianco alle posizioni più nette sull'Europa di Brexit Party e Lib-Dem cui devono togliere ossigeno mediatico. E proprio per questo negli scorsi giorni l'organizzazione del dibattito televisivo è stata accompagnata da polemiche per l'esclusione degli altri partiti, che si sono anche visti bocciare un ricorso ai giudici cui chiedevano di essere ammessi al dibattito: per loro c'è stata solo un'intervista, anch'essa di un'ora.

Il sentiero è stretto, dovesse finire come nel 2017 senza un partito con una maggioranza assoluta, si rischia di continuare la paralisi degli ultimi tre anni.

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