Alla Festa di Atreju i confronti di giornata accendono i riflettori su due grandi nodi del presente: il rapporto tra identità e tecnologie digitali e la riforma della giustizia. "Non con la mia faccia. Deep fake, web reputation e odio social", è il dibattito voluto da Arianna Meloni che chiama accanto a sé Raoul Bova, Fabio Ferrari, Francesca Barra, Laura Bononcini di Meta e il magistrato Valerio De Gioia, sotto la regia di Paola Ferazzoli.
Arianna Meloni definisce l'impatto dell'intelligenza artificiale "una rivoluzione radicale delle nostre esistenze. La nostra differenza rispetto agli altri esseri viventi è il pensiero. Impigrirlo significa mettere a rischio la nostra identità". Da madre, aggiunge, la preoccupazione riguarda soprattutto i giovani: "Vivono nel metaverso, dove puoi essere qualsiasi cosa fino a perdere te stesso". Per quanto la riguarda il suo rapporto con i social è ormai inesistente: "Un tempo mi capitava di intervenire per difendere mia sorella dalle offese più violente, ora non faccio neppure più quello". La testimonianza più drammatica arriva da Raoul Bova, che racconta il ricatto subito. "Mi sono trovato in mano audio e contenuti diventati virali, di fronte a un tentativo di ricatto ed estorsione. Ho fatto ogni tipo di denuncia, ma mi sono sentito molto solo". Nella sala gremita in prima fila compare anche la madre della premier, Anna Paratore che scherza con i giornalisti: "Orgogliosa delle mie figlie? Eh behCerto me ne aspettavo una Papa". E Salvatore Deidda, deputato di Fdi, chiude il cerchio rivelando che "stiamo lavorando per far sì che chi naviga su Internet abbia una identità certificata. Faremo una battaglia affinché le piattaforme abbiano quest'obbligo".
Nel pomeriggio, sempre ad Atreju è la volta del ministro della Giustizia. La sala di Atreju si chiama "Giustizia giusta" e Carlo Nordio lo dice chiaro: "Una giustizia dev'essere giusta, prima di essere efficiente". Parla della terzietà del giudice, assicurata dalla carriera separata da quella del pm, secondo la riforma costituzionale e delle "critiche disgustose" che gli sono state fatte. La prima è quella di "essere un manutengolo di Licio Gelli e della P2, quando la separazione delle carriere l'ha voluta un socialista ed eroe, medaglia d'argento della Resistenza come Vassalli, che ha introdotto il processo accusatorio alla Perry Mason, di cui questa è una conseguenza tecnica dovuta". E "nel programma della P2 c'era anche la riduzione dei parlamentari del governo del M5S, ma nessuno li ha accusati".
La dem Debora Serracchiani e Silvia Albano, presidente di Md, contestano il parallelismo con il processo all'americana. "Io l'ho subita la simbiosi tra giudici e pm e non mi fa stare sereno", assicura il frontman del Comitato SìSepara, Antonio Di Pietro. Ma la Albano insiste: "Il vero obiettivo della riforma è bloccare la magistratura".