
L'educazione dei figli inizia sempre come un atto d'amore. Poi, nella quotidianità, diventa impegno. Un impegno, costante e non privo di fatica, tutto teso ad insegnar loro ad interagire con la realtà, a starci davanti come donne e come uomini giusti, fedeli a quei valori ricevuti come una sorta di passaggio di testimone.
Inizia quando sono piccoli, questo impegno. E più crescono più la strada da percorrere è lastricata di conflitti e tensioni. Non sempre, per carità, ma spesso. Durante l'adolescenza, poi. E, per quanto gli "illuminati" genitori del nuovo millennio facciano scorpacciate di libri di pedagogia, non saranno mai del tutto pronti ai "no" che dovranno dire ai propri figli. Perché quei "no" sono uno sforzo. Talvolta, anche una violenza contro quello che sussurra il cuore. Dopo tutto non si vorrebbe mai scontentare una persona che sia ama, figuriamoci un figlio. Eppure, proprio perché li amiamo più della nostra stessa vita, dobbiamo imporci di dirli e dobbiamo difenderli nel tempo. Non è un compito facile. E molto spesso si sbaglia. E ogni giorno si ricomincia daccapo. Ma, esattamente come ha sottolineato papa Leone XIV recitando l'Angelus da Castel Gandolfo, quei "no" sono "il prezzo che deve pagare un buon genitore se vuole educare bene i figli, secondo principi sani".
Chi non vorrebbe dire sempre "sì"? Chi non vorrebbe accontentare sempre i propri figli? Chi non vorrebbe essere incoronato il migliore papà dell'anno o la migliore mamma dell'anno? Non è così, però, che si prende a cuore la loro formazione. E non è così che si prende sul serio il loro futuro. E, sebbene qualche intellettuale progressista potrebbe storcere il naso nel leggere questo commento, un bravo genitore dovrà prima o poi imporre qualche correzione sui figli. E, per riprendere sempre le parole del Santo Padre, "questo gli costerà sofferenza".
Non risparmierà certo questa sofferenza ma probabilmente contribuirà ad alleviarla, se i genitori sapranno riempire i "no", oltre che di fermezza e autorevolezza, anche di amore e consapevolezza per il loro futuro e il loro compimento come esseri umani.
Durante l'Angelus papa Leone XIV fa poi un passo ulteriore e parla dei "no" che anche la società dovrebbe avere il coraggio di dire ai giovani. Lo stesso discorso fatto ai genitori viene, infatti, proposto anche agli insegnanti che "desiderano formare correttamente i propri alunni". Perché è anche (e forse soprattutto) a scuola che si costruisce il futuro di questi ragazzi. Dove insegnare significa anche saper correggere chi sbaglia. Esattamente come dovrebbe accadere in famiglia.
Se questi "no" saranno giusti, e i figli lo capiscono sempre (magari non subito ma prima o poi sì) quando lo sono, allora saranno anche formativi.
E contribuiranno a edificare uomini e donne migliori. Quando e se ci riusciranno, i genitori si sentiranno, infine, paghi di tutti gli sforzi di quello che, a conti fatti, è il mestiere più difficile e faticoso del mondo: il mestiere dell'educatore.