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Sfuma l'ultima mossa di Conte Vede Haftar, Serraj lo snobba

Palazzo Chigi: incontro con i due leader delle opposte fazioni. Il no del premier dopo l'arrivo del generale

Sfuma l'ultima mossa di Conte Vede Haftar, Serraj lo snobba

S otto il primo. Vestito blu, baffoni ben pettinati, faccia tesa, ecco il generale Khalifa Haftar mentre a sorpresa entra a Palazzo Chigi, rompendo lo stallo diplomatico e riaprendo flebili speranze di una tregua in Libia. L'uomo forte della Cirenaica ascolta le raccomandazioni di Giuseppe Conte, dice la sua sul conflitto e dopo tre ore di colloquio, alla presenza del direttore dell'Aise Luciano Carta, torna a Bengasi sulla tolda di comando, senza rilasciare dichiarazioni. Il prossimo dovrebbe essere Fayez Al Serraj, atteso per le 18,30, ma il presidente del governo riconosciuto di Tripoli, reduce da incontri a Bruxelles, decide all'ultimo momento di cancellare la tappa romana, innervosito pare dalla fuga di notizie, o forse proprio dall'udienza concessa al suo rivale prima di lui, e non dopo come vorrebbe il protocollo: il premier italiano non lo aveva informato, e cosi il tentativo di mediazione italiana, preparato nei giorni scorsi da un abile lavoro di intelligence, salta.

Insomma, «l'Italia non è riuscita a organizzare in modo corretto l'incontro», questo secondo Russia Today il commento di Lev Dengov, capo del gruppo di contatto di Mosca per la Libia.

Non è un bel momento per la nostra diplomazia, con Conte che non riesce a farsi sentire e Luigi Di Maio a zonzo inascoltato per il Medio Oriente: nelle ultime ore il ministro degli Esteri è stato segnalato a Istanbul e Bruxelles, in serata è al Cairo, con suoi omologhi di Francia, Egitto, Cipro e Grecia e rifiuta di firmare la dichiarazione congiunta perché «troppo sbilanciata contro Tripoli». Non tutto però è da buttare, nemmeno il mezzo flop del mancato faccia a faccia con Serraj, di cui in teoria dovremmo essere gli alleati principali. Mentre a Istanbul Putin e Erdogan, veri sponsor politico-militare delle due parti in guerra, provano a spartirsi il Mediterraneo del sud, l'Europa tenta infatti di rientrare in gioco dopo che la missione a Tripoli della Ue, fissata per martedì 7, è stata annullata per «motivi di sicurezza e di opportunità»: impossibile negoziare in mezzo alle sparatorie e ai lanci di razzi Javelin contro l'aeroporto. Meglio, molto meglio discutere a Bruxelles, dove infatti in mattinata si presenta Serraj.

Il leader di Tripoli vede il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, quello dell'Europarlamento David Sassoli e l'Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell. «Le sofferenze del popolo libico devono terminare all'istante - dice Serraj uscendo dagli incontri - non vogliamo che la nostra sia terra di una guerra per procura. La comunità internazionale deve assumersi le sue responsabilità». Eppure è stato lui ad allargare le dimensioni del conflitto, chiedendo aiuto alla Turchia. «La questione - risponde - è molto chiara, c'è un aggressore, Haftar, e un aggredito, il governo formalmente riconosciuto dal mondo, che si sta difendendo».

Si arriverà a una tregua? «L'uso delle armi deve essere fermato adesso, per lasciare spazio al dialogo», dice il presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Michel assicura che «l'Unione intensificherà gli sforzi per raggiungere la pace». E Borrell: «La situazione in Libia è molto pericolosa. Abbiamo chiesto a tutte le parti il cessate il fuoco ma anche di fermare le interferenze esterne». Ma Turchia e Russia sembrano ancora avere il pallino in mano. «L'Europa - racconta Di Maio - si riunirà venerdì per stabilire una data per la conferenza di Berlino. Non dobbiamo stare da una parte o dall'altra e nemmeno spaccarci come Ue».

Intanto Conte convoca per domani mattina una riunione con i capigruppo di maggioranza e opposizione per fare il punto sulle crisi libiche e irachene. C'è il problema dei nostri soldati. Quelli a Bagdad sono ancora lì, solo un contingente è stato spostato per motivi di sicurezza.

Per quelli a Tripoli invece, spiega la Difesa, «non sussistono ipotesi di ritiro».

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