A poco più di due mesi dal fischio di avvio, si torna al punto di partenza: nella partita del Quirinale, il centrosinistra (alias Pd e Cinque Stelle) si è reso conto di avere una sola carta per poter dire di aver vinto. Ossia il Mattarella bis.
Ma c'è un «ma» grande come una casa che si frappone tra Letta e Conte e la riuscita dell'operazione: Sergio Mattarella potrebbe accettare solo se la rielezione fosse ampia e bipartisan. Servirebbe insomma che almeno una parte del centrodestra si dichiarasse pronta a votarlo. E i sondaggi sotterranei tentati finora dal Nazareno, soprattutto in casa Fi, non hanno sortito risultati positivi. «Per la prima volta si profila l'occasione di eleggere subito un presidente di estrazione culturale diversa dalla sinistra - spiega un big di Forza Italia - Non avrebbe senso rinviare di un paio d'anni l'opportunità con un Mattarellla bis».
Del resto, assicura una vecchia volpe democristiana come Gianfranco Rotondi, deputato Fi, «Mattarella, da vecchio giurista, ha avuto il merito di far tornare la Presidenza al ruolo di notaio della Repubblica. Viene dalla scuola di Leopoldo Elia, che ha una concezione quasi bigotta del rispetto della Costituzione: non credo sarebbe mai disponibile a un bis». Concetti assai simili li esprime anche Maurizio Gasparri: «Perché imporre a una persona seria come Mattarella una cosa che non vuole? Il centrosinistra farebbe meglio a guardare anche nel nostro campo, senza pregiudizi».
In casa Lega, dove l'ipotesi della rielezione è stata affacciata da Giorgetti, Matteo Salvini non apre bocca, ma a chi gli ha chiesto un commento ha risposto con l'emoticon eloquente di un omino con le mani nei capelli. Quanto a Giorgia Meloni, è tranchant: «Neanche per sogno». E da FdI Luca Ciriani spiega che «il nostro intendimento è di mantenere unito il centrodestra sul Colle. Mi pare poco elegante trascinare il Presidente in una contesa dalla quale lui per primo ha chiesto di essere tenuto fuori».
Nessuno ovviamente dice un «no» esplicito al capo dello Stato in carica, ma è chiaro che dal centrodestra non arrivano sponde al tentativo messo in moto dal Pd.
Letta (e a ruota Conte) non hanno molte carte da giocare, nonostante i loro numeri siano più o meno equivalenti a quelli del centrodestra. Il bis, pensa il segretario dem, rassicurerebbe i parlamentari sul mantenimento dello status quo e della legislatura e potrebbe ricompattare i gruppi. Cosa che nessun nome di area farebbe: il sondaggio interno su Romano Prodi ha costretto il segretario a riferire al Professore che per lui non c'è partita. La reazione si è vista nel commento al cianuro di Prodi al voto sul ddl Zan: «Si voleva creare l'incidente, e l'incidente c'è stato».
Quanto a Conte, per lui la necessità di tener buoni i suoi è ancora più pressante: ieri l'ex premier ha ricevuto un segnale chiaro dai senatori, che hanno bocciato il suo candidato alla presidenza del gruppo, Ettore Licheri, finito alla pari con la sfidante Domenica Castellone. Si dovrà ripetere il voto, ma intanto il messaggio è arrivato forte e netto: Conte non ha il minimo controllo sui suoi gruppi parlamentari.
Oggi tocca a Letta affrontare un difficile confronto interno ai suoi senatori, in una assemblea che ha voluto super-blindata: a porte chiuse, senza la presenza di collaboratori o membri dello staff che possano riferire di un dibattito sul tonfo del ddl Zan che si preannuncia assai acceso. Anche in vista del voto sul Quirinale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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