Coronavirus

"Siamo alla fame, basta limiti ai concerti"

La rabbia dei grandi organizzatori: dobbiamo ripartire o qui chiudiamo

"Siamo alla fame, basta limiti ai concerti"

«Abbiano perso il 99 per cento dei ricavi». Alla fine anche gli organizzatori di concerti si sono arrabbiati: troppa incertezza per la ripartenza/capienza dei concerti e troppa disparità con le regole nel resto d'Europa. Per capirci, i concerti dal vivo sono sostanzialmente fermi o ridotti ai minimi termini da marzo 2020, con danni gravissimi: è in ballo la sopravvivenza stessa di un settore che dà lavoro a decine di migliaia di persone e ne intrattiene milioni, tutti a un passo dalla sfiducia dopo così tanto tempo, così tanti rinvii, così tanta incertezza.

In poche parole, la situazione è così drammatica che il settore si è ricompattato per far sentire la propria voce. Ieri mattina un appello a Draghi pubblicato sui social e su alcuni quotidiani da Assomusica, da una trentina di promoter e da circa 300 artisti tra i quali Vasco Rossi, Cesare Cremonini, Carmen Consoli, Cosmo, Tiziano Ferro, Fedez, Jovanotti e Salmo. E poi una conferenza stampa a San Siro alla presenza di Red Canzian e Alessandra Amoroso, con i leader del settore come Live Nation, Friends and Partners, Vivo Concerti, D'Alessandro & Galli, Otr Live e via elencando.

I toni sono stati duri e concreti. E l'obiettivo è comune: «Dateci la possibilità di ripartire, con le regole, ma soprattutto dateci una data certa». La richiesta è quella di ottenere «la capienza piena» dei grandi eventi e dei concerti al chiuso.

Di certo si vuole evitare la solita soluzione «democristiana» della ripartenza per gradi e ottenere subito l'autorizzazione a organizzare concerti con il 100 per cento di capienza senza distanziamento e ingressi solo con Green Pass, mascherine obbligatorie e controllo della temperatura per gli show al chiuso. Ma soprattutto è necessaria «una data certa per la ripartenza da fissarsi entro il 31 ottobre perché il pubblico deve avere il tempo e la voglia di ricomprare i biglietti», riassume Ferdinando Salzano di Friends and Partners. Una sorta di (comprensibile) ultimatum di un settore che, come conferma l'autorevole De Luca di Live Nation, ha goduto di qualche sostegno ma «solo con le nostre forze non abbiamo licenziato nessuno». In fondo, ricorda Clemente Zard di Vivo Concerti, «all'estero i Maneskin hanno partecipato a festival con 25mila persone. In Italia?».

Già, in Italia la musica resta colpevolmente all'ultimo posto dell'agenda politica.

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