Milano Si prende qualche giorno per decidere cosa fare, perché «la botta è troppo recente». Ma la sua discesa in campo è ormai certa («Una chance da valutare» secondo Angelino Alfano), e le prossime ore servono giusto per contare le truppe, capire quanti leghisti passeranno con lui e quanti invece sceglieranno la strada più sicura, restare con Zaia e Salvini. Passata la prima notte da non leghista, dopo 25 anni di iscrizione, Tosi torna nella sua Verona e carica i fucili in una conferenza stampa dove spara a zero sul segretario federale. «Salvini ha scelto una linea dittatoriale, è stato sleale e scorretto e ha trovato la scusa della Fondazione per agire sulla Liga veneta che non accetta di essere soffocata da via Bellerio. È chiaro che la delusione sui comportamenti, anche umani, è nei confronti del segretario federale. A lui andava bene questa soluzione: calpestare l'autonomia della Liga Veneta per evitare la formazione di liste sgradite. Ma per far fuori me rischia di creare ripercussioni pesantissime a ridosso delle Regionali, a tutto vantaggio della sinistra».
Il nodo è la Fondazione, su cui si scontrano due giudizi opposti. «Non ha mai presentato una lista da nessuna parte, quando Salvini mi sollevò alcuni casi io dissi: ne parliamo e li risolviamo. La Fondazione non è né soggetto né partito politico. Fu uno dei temi del cosiddetto patto del Pirellone: Maroni chiese al sottoscritto di non candidarmi alla segreteria federale per proseguire come fondazione un percorso nazionale nel centrodestra. Questo portò Salvini a vincere il congresso con una maggioranza bulgara. Una delle condizioni per condividere la sua segreteria federale era che avrei continuato a non essere entusiasta ma a non essere favorevole all'uscita dell'Italia dall'euro». È l'accordo che Tosi rinfaccia di aver stracciato a Salvini e Maroni.
Ne ha anche per Zaia, che «da settembre si rifiuta di incontrarmi», un altro segno chiaro, per Tosi, che «voleva finisse così». Racconta di aver ricevuto 600 messaggi di solidarietà, e di non aver chiesto a nessuno dei suoi di seguirlo: «Quando farò delle scelte ognuno sarà libero di decidere». Le scelte, comunque, non saranno prese «per spirito di vendetta». L'alleanza con Passera? «È una fantasia. Tutti sanno che Passera non si presenterà alle elezioni regionali, quindi è un argomento usato strumentalmente contro di me». I contatti con dirigenti di Italia Unica, però, ci sono, e un appoggio (non diretto, quindi senza simboli) ci sarà se Tosi scioglierà la riserva e annuncerà la corsa per la Regione. I suoi collaboratori spingono verso questa strada: «Se scende in pista Tosi può succedere di tutto, perché al di là dei sondaggi farsa non c'è l'abisso che si immagina tra Zaia e Moretti» dice Matteo Toscani, vicepresidente del consiglio regionale veneto. Molti eletti in Veneto, ma anche tra Camera e Senato, sono in quota Tosi. Solo in Parlamento se ne contano otto, tre senatori tra cui la compagna del sindaco, Patrizia Bisinella. Che medita la fuga: «Sto valutando se lasciare il gruppo, sono pronta a seguire un progetto diverso perché da tempo fatico a riconoscermi in questa Lega». Lo stesso pensano altri parlamentari tosiani, come Bragantini e Prataviera. Anche loro attendono di riunirsi in Veneto per scegliere una linea comune.
Senza il ballottaggio alle regionali, però, è difficile che Tosi diventi decisivo, ma la strada più percorribile per il sindaco, a cui nel 2017 scadrà l'ultimo mandato a Verona, e che è molto improbabile possa ricucire col Carroccio. Più semplice tentare la strada di leader moderato. Semplice per modo di dire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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