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Il sindaco non vuole Saviano all'Aquila. La sinistra s'infuria

Il primo cittadino Fdi: mai veti sugli ospiti, ma serve chiarezza

Il sindaco non vuole Saviano all'Aquila. La sinistra s'infuria

Da festival degli Incontri a festival dello scontro. La quattro giorni di concerti, spettacoli e performance nel centro dell'Aquila nel decennale del sisma diventa l'occasione per un polverone sul rapporto tra cultura e politica. Con scambi di accuse tra la direttrice artistica del festival, Silvia Barbagallo, e il sindaco dell'Aquila Pierluigi Biondi, di Fratelli d'Italia. La prima ha innescato la polemica, accusando il sindaco di aver chiesto un riequilibrio politico del programma del festival, ponendo un veto sulla partecipazione di Roberto Saviano e del fumettista Zerocalcare. Il secondo ha respinto le accuse di censura e ha replicato chiedendo un confronto con la direttrice artistica, con la quale il sindaco sostiene di non aver mai nemmeno parlato al telefono, fino a ieri sera.

La polemica ha inevitabilmente travalicato i confini del capoluogo abruzzese. Tanto che, per tuonare contro la censura del sindaco «sovranista», si è scomodato anche il neoministro, Dario Franceschini. «La cultura - ha twittato il titolare del Mibac - deve essere libera. Libera da pressioni e interferenze politiche. Sul programma del festival degli incontri dell'Aquila non può e non deve esserci alcuna intromissione né da parte del ministero né da parte del Comune».

Sembra la storia del classico autogol da politica di provincia ma la vicenda non è chiara. E non sembra poter essere ridotta, come in tanti hanno fatto, a un tentativo di censura preventiva, ovviamente fascista. Se la leader di Fdi, Giorgia Meloni, rivendica il diritto del primo cittadino di «non essere d'accordo» con l'uso dei soldi del decennale del sisma per «costruire una passerella» per Saviano e per altri «amici della sinistra», il sindaco Biondi e i suoi collaboratori spostano il centro della discussione. E, per dirne una, giurano di non aver appunto mai parlato finora con la direttrice amministrativa del festival. Anzi, proprio due giorni fa Biondi avrebbe provato a chiamarla al telefono per chiedere un incontro, ma invano, e senza essere richiamato. E dunque se è vero che tra Biondi e Barbagallo non sono intercorse comunicazioni - non è chiaro chi in nome e per conto del sindaco avrebbe a sentire la Barbagallo - posto il veto.

Quanto al merito, sempre Biondi, peraltro, ha smentito di voler imporre censure su nomi di ospiti, spiegando che invece intende avere chiarimenti sull'utilizzo dei 700mila euro stanziati dal Mibac e girati poi dal Comune all'organizzatore dell'evento, oltre a rivendicare il diritto di condividere il programma del festival, come sarebbe peraltro, a differenza di quanto sostenuto da Franceschini, scritto nero su bianco nell'accordo attuativo tra ministero e Comune, sottoscritto mesi fa dal sottosegretario pentastellato Gianluca Vacca e da Biondi. «Il problema è il metodo, non i nomi né i compensi. Non accettiamo colonizzazioni culturali: l'Aquila è storicamente una città di confronto e di contaminazioni, il pensiero unico non fa parte del nostro Dna», spiega Biondi al Giornale. Ribadendo, infine, l'invito a un incontro con la Barbagallo.

Magari prima dell'omonimo festival.

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