Milano «Abbiamo agevolato il loro viaggio verso metropoli più accoglienti e con più opportunità». Il sindaco Andrea Cassani un po' ha esultato («Gallarate libera» ha scritto da subito, e «Pronti, partenza e via!») ma un po' si è schermito, ieri, per il clamore del suo gesto. Ha tirato fuori dal portafogli 90 euro e - con altrettanti messi dal centro di accoglienza - ha pagato il biglietto per Milano a 12 gambiani. «Nessuno li ha costretti ad andarsene e i biglietti se li sono comprati loro» ha chiarito quando il caso Gallarate è scoppiato anche a Milano, la capitale dell'accoglienza che si appresta a organizzare il bis della marcia «Senza muri» con cui lo scorso anno, sindaco Beppe Sala in testa, ha chiesto un sistema di accoglienza dei migranti più forte. Lette le notizie arrivate da Varese, Sala ieri si è mostrato irritato e ha parlato di una «provocazione». Il suo accoglientissimo assessore al Sociale Pierfrancesco Majorino ha minacciato per rappresaglia di rispedire nel Basso Varesotto altri 2mila profughi, «così poi vediamo come finisce».
In realtà, fatta la tara di provocazioni, sfide e reciproche esigenze di propaganda, il caso è piuttosto spinoso e anche il giornale La Prealpina ricostruisce un vuoto normativo. I dodici gambiani infatti, sono una piccola parte delle centinaia di migranti destinati ad altra sistemazione per «cessata attività» di accoglienza di una società che non ha rinnovato la convenzione con la prefettura.
Saranno tutti portati altrove ma non quei dodici, che sono stati esclusi dai programmi di accoglienza a causa di una mega rissa fra fazioni etniche nel centro di accoglienza di via Ranchet. «La loro volontà era quella di andare a Milano» spiega Cassani e chiude il rimpallo: «Non vogliono tornare, sarebbero comunque arrivati a Milano. Io sono a posto con la coscienza».
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