La sinistra confonde verità e potere

L'unica domanda che si pongono a sinistra in relazione alla democrazia è questa: chi deve governare? E rispondono: "Noi"

Immagine di repertorio
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L'arte di governare è il problema di fondo della politica. Mussolini riteneva che governare gli italiani fosse inutile. Infatti, instaurò una dittatura. Montanelli amava ripetere che l'Italia si governa dal centro ossia arginando le estreme, a destra e a sinistra, e assicurando sicurezza statale e libertà civile che sono le due fondamentali esigenze umane senza le quale non c'è democrazia (liberale, va da sé). Purtroppo, la sinistra italiana è più vicina a Mussolini, che dopotutto era un socialista rivoluzionario, di quanto non sia prossima a Montanelli che quando parlava di Centro pensava soprattutto a De Gasperi. Il capo del fascismo aveva una concezione statalista dello Stato e della società. Diceva: "Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato". Basta sostituire Stato con Partito come ha osservato una volta Sergio Romano e si ottiene la posizione della sinistra senza che nulla cambi: "Tutto nel Partito, niente al di fuori del Partito, nulla contro il Partito". Il problema che nasce è il medesimo: la fine della politica come arte di governare.

L'unica domanda che si pongono a sinistra in relazione alla democrazia è questa: chi deve governare? E rispondono: "Noi". Purtroppo, per loro, gli elettori rispondono in modo diverso e dicono: "Devono governare gli altri". Apriti cielo. È qui che nasce il fascismo. Non perché vincano gli altri ma perché perdono loro. Infatti, quando la sinistra perde le elezioni politiche che non ha storicamente mai vinto, se non con l'interposta persona di Romano Prodi e con l'Armata Brancaleone che si è sfasciata poco dopo inizia subito a gridare "al lupo, al lupo" e inventa il nemico fascista sulla scorta del principio antifascista. Peccato, però, che se non sei tanto antifascista quanto anticomunista non sei né democratico né liberale. Lo disse bene Norberto Bobbio, che pure era indulgente con i comunisti, ripetendo quanto espresso da gente come Salvemini, Aron, Camus: "Tutti i democratici sono antifascisti, ma non tutti gli antifascisti sono democratici".

La domanda fondamentale della democrazia è un'altra. Questa: quanto si deve governare? La risposta intellettualmente onesta è la seguente: senza esagerare, non molto e, comunque, in modo limitato perché chi governa, come diceva Einaudi, non è un padreterno. Infatti, più si allarga la sfera del governo, più si restringe la libertà personale; più si restringono le libertà, più lo Stato o il Partito diventa padrone, illegittimo e abusivo, delle nostre vite. Purtroppo, questa concezione liberale della politica e della vita stessa è non solo assente ma perfino osteggiata a sinistra. Perché? Per il motivo, abbastanza banale e pur vero, se ci si riflette un po', che la sinistra identifica indebitamente verità e potere o, se si vuole, scienza e potere. Così da un lato si ottiene, secondo questa distorsione democratica che si pensa democraticissima, la squalifica di chi non si ritrova nella verità sinistra: i fascisti, i barbari, i reazionari, gli incivili; e dall'altro lato la sinistra, che deterrebbe il monopolio della verità, della cultura, della scienza, risulta l'unica legittimata a governare. In pratica la mentalità progressista ragiona così: gli altri sono reazionari perché non sono di sinistra mentre noi siamo civili e raffinati perché conosciamo la verità e siamo legittimati a fare tutto per il bene dell'umanità. Anche i disastri.

Peccato che questo modo di pensare la politica e la storia umana sia una malattia mortale e una mentalità totalitaria che sancisce da un la fine dell'arte di governare e dall'altro una demonizzazione perenne del dissenso che non è un incidente della democrazia ma la libertà stessa. Per fortuna, gli italiani conoscono bene, a pelle, i loro polli e si regolano di conseguenza. Ci salveranno le vecchie zie, diceva Longanesi.

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