Sono divisi su tutto. Quindi non hanno futuro. Basta tarare il barometro delle previsioni sul 2024, come fa Matteo Renzi, e la profezia diventerà realtà. La coalizione di centrodestra si spaccherà in due o tre tronconi e la sinistra tornerà in partita.
È l'ultimo ritornello nella casa dei progressisti: i sondaggi, almeno quelli di agosto, non hanno schiodato di un punto i contendenti, nella lunga volata verso il 25 settembre. Si era detto che la Meloni avrebbe riportato nel Palazzo il Fascismo, combinazione a cento anni dalla marcia su Roma. Un pericolo per la democrazia. Poi, esaurito il sacro repertorio dei sacri valori, si è passati all'Europa: Fdi non starebbe bene alle famiglie politiche che si confrontano a Strasburgo e Bruxelles e semmai starebbe bene fra gli impresentabili, ai bordi dell'emiciclo. Poteva bastare, ma l'armamentario dei luoghi comuni è stato saccheggiato e allora ecco la destra in un'altra variante: scassa i conti e il bilancio dello Stato, gestito con disinvolta e inconsapevole faciloneria da personaggi come Giulio Tremonti. Insomma, un disastro da tutti i punti di vista.
Il problema è che questi schemi manichei non funzionano. I sondaggisti, almeno finora, ripetono che il centrodestra a trazione Meloni ha un vantaggio enorme, incolmabile, che potrebbe diventare ancora più grande al momento della conta dei deputati e senatori. Il recupero, almeno giocando le carte del politically correct, non c'è stato e non c'è. Forse, si dovrebbe entrare nel merito dei problemi, affrontare il disagio dei cittadini e delle imprese che sono strozzate giorno dopo giorno dalla crisi energetica. Già, ma come fare?
Ecco, gli argomenti finalmente entrano in campo, non però per spiegare le differenze fra destra e sinistra ma solo per marcare la distanza fra i partner del centrodestra. Già l'altro ieri molti giornali, a cominciare da Repubblica, bandiera della gauche, hanno pubblicato la foto di Messina, Giorgia Meloni e Matteo Salvini insieme sorridenti, ma solo per dire che era finta. Sì, è stata scattata fra un comizio e un arancino, ma non racconta la verità, semmai la nasconde.
«Destra, divisi su tutto», titolava ieri Repubblica in prima pagina con enfasi degna di miglior causa. Certo, non è che manchino i punti di contrasto, anche importanti, dalla flat tax all'immunità e fino alla politica estera, con posizioni atlantiste accanto a derive filorusse. Tutto vero e però a leggere quelle analisi sembra impossibile che Salvini, Meloni e Berlusconi abbiano trovato la quadra e non si capisce come facciano a stare insieme.
Poi, invece, se si riflette un minimo, si scopre che è dall'altra parte che hanno messo insieme tutto e il contrario di tutto: Cottarelli e Bonelli, l'agenda Draghi e l'agenda anti Draghi, il liberalismo e l'assistenzialismo. Difficile barcamenarsi in quel guazzabuglio e infatti Calenda ha fatto bye bye e se n'è andato per la sua strada. Salvini e Berlusconi non si sono spellati le mani per applaudire Meloni ma appare evidente che sarà lei, nel caso sia la più votata, a condurre le danze. Non importa. La propaganda martella: un po' di pazienza e l'alleanza che, almeno negli auspici, è solo un cartello elettorale, andrà in pezzi.
Come vaticina Matteo Renzi: l'ex premier scommette sull'implosione del fronte conservatore e fissa il capolinea dell'esecutivo Meloni dopo un anno e mezzo di tempestosa navigazione nel 2024.
La vittoria, visto il distacco, pare quasi sicura.
Ma si può sempre svuotarla e quasi annullarla, dicendo che subito dopo il traguardo i tre inizieranno a dividersi. E non saranno più nella stessa squadra nelle tappe successive. Gira e rigira, è l'unico modo che hanno escogitato per prepararsi ad una sconfitta sempre più vicina.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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