Roma - C'è un'ossessione di cui la sinistra italiana non riesce a liberarsi, qualcosa di nuovo e di antico al contempo, detto pascolianamente. È il refrain dell'antiberlusconismo, la sindrome di Stoccolma anche oggi che Stoccolma è stata espugnata. Anche oggi che il Pd domina la scena politica grazie a un leader che da Berlusconi ha copiato il compito. Anche oggi che il Cavaliere è in stand by , senza numeri per incidere e temporaneamente in panchina. Ma la sinistra è come il cane di Pavlov: risponde sempre nello stesso modo allo stesso stimolo. Chiamatela coerenza. Chiamatela ossessione.
In poche ore due vicende fanno risuonare il juke-box dell'antiB. Mondadori e le antenne Rai. Due vicende prettamente imprenditoriali, che però in un Paese in cui la pecunia (soprattutto quella degli altri, soprattutto quella di uno) un po' olet , suscitano reazioni politicamente schierate. Sull' affaire Mondadori, il colosso editoriale per il 50,02 per cento di proprietà di Fininvest, che potrebbe annettersi Rizzoli dando vita a un'azienda ancora più colossale, è uscito dall'ibernazione perfino Pier Luigi Bersani, quello che se fosse per lui i giaguari avrebbero ancora tutte le macchie: «In un settore che riguarda non i formaggini ma la libertà di espressione ricaveremmo una concentrazione ed una posizione dominante sconosciute in Europa e oltre Atlantico. Se non basterà l'Antitrust, governo e Parlamento dovranno occuparsene. Il mercato è il luogo delle regole. Non possiamo fare all'americana per il Jobs Act e all'italiana per tutto il resto.Dove sono finiti i liberali?». Nel cassetto hai guardato?
Bersani dice la sua anche sull'opa di Mediaset sulla quota di maggioranza di Rai Way. «Ora aspetto che il Milan compri l'Inter», scherza su twitter. Contro l'opa si scagliano anche i diversamente antiberlusconiani del M5S. Il capogruppo alla Vigilanza Rai Alberto Airola fantastica su un patto del Nazareno editoriale e invoca: «L'Antitrust ha il dovere di fermare questa operazione». E il governo? Si compiace dell'offerta ma dà l'altolà ricordando che un decreto «del 2 settembre 2014 ha stabilito di mantenere in capo a Rai una quota nel capitale di Rai Way non inferiore al 51 per cento».
Insomma, forse l'affare dopo tutto non si farà. Ma la questione è un'altra. Registratori e taccuini dei cronisti politici sono tornati a riempirsi di frasi come «concentrazione di potere politico e mediatico» e perfino un evergreen come «conflitto di interessi» è tornato a far capolino.
Il tutto mentre la borsa - che di politica non ci capisce ma di affari sì - si impenna facendo di fatto un endorsement all'operazione Rai Way e mentre gli economisti fanno notare che in epoche di economia globalizzata le ambizioni di crescita delle imprese italiane andrebbero salutate con salve di cannone e non con comportamenti paranoici. Peraltro l'ossessione antiberlusconiana non ha quasi mai portato bene. Ma farsi del male anche quando tutto sembra andar bene è un'altra delle specialità della casa a sinistra.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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