A Genova il padrone di casa è Giovanni Toti, ma arriva da Roma lo stato maggiore di Forza Italia, con il vicepresidente Antonio Tajani in testa e l'assemblea regionale convocata dal coordinatore Sandro Biasotti diventa un confronto tra le due anime del partito.
Soprattutto, perché anticipa di poco «Vivaio Liguria» del 30 luglio, la prima convention delle liste civiche Arancioni che per il governatore azzurro dev'essere «vivaio di alleanze e di una nuova classe dirigente», secondo i rumors forse il banco di prova di un nuovo partito. Anche se ufficialmente apre la campagna elettorale per le regionali del 2020 in cui Toti correrà per il suo secondo mandato.
Ma la parola d'ordine scelta da Silvio Berlusconi è: «inclusione». Ed è quella che ripetono tutti gli attori. Tajani, che subito dopo la nomina a numero due di Fi ha chiamato il governatore e gli ha proposto di lavorare insieme per il rilancio del partito, non cerca lo scontro ma al contrario il coinvolgimento. Assicura, nel suo discorso, che Toti avrà «un ruolo centrale» nella stagione congressuale d'autunno, quella che riporterà Fi ad essere «protagonista nel centrodestra». Lui, dice, ne sarà uno dei «principali artefici», perché rappresenta un «esempio di buongoverno», quello che farà tornare gli azzurri al potere, perché l'esecutivo Lega-M5S «è un matrimonio contro natura e quelli durano poco». Si romperà per i suoi attriti e la sua politica contraddittoria, come sul decreto dignità o sull'immigrazione (e qui si rallegra che Matteo Salvini mostri ora di comprendere la necessità di un Piano Marshall per l'Africa a livello Ue).
Prima, però, come presidente dell'Europarlamento Tajani ha fatto una visita istituzionale al numero uno della Liguria, per parlare di fondi Ue e del rapporto tra Regione e Bruxelles e all'uscita ha mandato a dire a Toti, che governa con il Carroccio ed è sempre sostenitore del partito unico: «Fi deve tornare a essere protagonista del centrodestra. Siamo diversi dalla Lega, non credo nel partito unico. Siamo alleati della Lega, rispettiamo i nostri impegni, sosteniamo sindaci e governatori leghisti, abbiamo un minimo comune denominatore, ma vogliamo avere la nostra identità».
La missione a Genova Berlusconi l'ha intesa come una mano tesa o una proposta di tregua, un modo per capire se Toti metterà da parte le sue aspirazioni leaderistiche e accetterà di contribuire al rilancio di Fi, con il suo movimento civico, oppure se vuol essere antagonista e strappare. Forse, è l'ultimo ponte lanciato verso di lui. Dice Biasotti: «Fi è un'unica famiglia nell'alveo dei moderati, punta a essere inclusiva e la lista civica del presidente è un valore aggiunto».
Il governatore sembra meno bellicoso del solito, il canale di comunicazione con Berlusconi e Tajani è sempre rimasto aperto e anche lui nell'intervento parla di inclusione, di apertura all'esperienza delle liste civiche e attenzione al territorio. Una linea che è del Cavaliere, solo che a volte è sembrato che i suoi Arancioni Toti volesse usarli per una prova di forza con il vertice del partito, cercando di insidiare il ruolo del Cavaliere, insistendo sul ricambio generazionale, su nuove regole, su riforme dal basso.
Se era una sfida, Fi l'ha raccolta con la
convocazione dell'assemblea regionale. La sala è gremita e piena di bandiere azzurre. «Siamo una marea - commenta uno dei dirigenti del partito -, fatelo sapere a Toti. Fi c'è ed è vivissima, sarà sempre il baricentro dei moderati».
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