La carneficina di Ghouta, giunta ieri al quinto giorno consecutivo di bombardamenti e al lugubre traguardo dei 400 morti, «sbarca» alle Nazioni Unite e obbliga Russia e Iran, principali sostenitori del regime di Damasco, a prendere posizione a livello diplomatico. Una bozza di risoluzione presentata dalla Svezia e dal Kuwait, che chiede con urgenza una tregua di un mese per consentire alle organizzazioni umanitarie di assistere i civili siriani stremati, è stata messa in discussione ieri. Essa prevedeva in particolare un cessate il fuoco di 72 ore e l'avvio delle evacuazioni mediche e della consegna di aiuti umanitari entro 48 ore dall'interruzione delle ostilità. Ma la Russia, come già altre nove volte dall'inizio del conflitto in Siria nel 2011, si è opposta.
Per fare pressione sui diplomatici, Save the Children e altre otto organizzazioni mediche e umanitarie avevano messo in atto davanti al Palazzo di Vetro un'azione dimostrativa che ricalcava quella messa in scena nel film in nomination agli Oscar «Tre manifesti a Ebbing, Missouri»: in ognuno si poteva leggere un messaggio: «500.000 morti in Siria / E ancora nessuna azione?/ Com'è possibile, Consiglio di Sicurezza?». Nessuno si nascondeva che l'attuazione di queste misure dipendeva in realtà dalla volontà di un solo soggetto: la Russia. Ma già ieri mattina il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov aveva chiarito che per Mosca il punto dirimente è quello del «sostegno ai terroristi», che non devono trarre vantaggio da azioni umanitarie in Siria.
Il cessate il fuoco, secondo Lavrov, «non deve essere esteso» ai gruppi terroristici di Isis e al Nusra e «alle fazioni che operano con loro e che bombardano in modo sistematico le zone residenziali di Damasco». Il riferimento è ai gruppi armati ribelli che da Ghouta anche in questi giorni bersagliano la capitale siriana. Lavrov accusa «i nostri partner occidentali di non voler accettare questa chiara esclusione dei terroristi dal regime di cessate il fuoco, e questo - aggiunge allusivamente - solleva diverse domande». Lavrov ha di fatto confermato che intenzione di Mosca è attuare a Ghouta ciò che è stato fatto ad Aleppo: colpire senza riguardo per la popolazione civile fino a ottenere l'evacuazione dei ribelli anti-Assad. «Pochi giorni fa, i nostri militari in Siria hanno proposto ai combattenti di ritirarsi pacificamente dalla Ghouta orientale - ha detto il ministro russo -, ma il Fronte al-Nusra e i suoi alleati hanno respinto categoricamente questa proposta e continuano a bombardare Damasco dalle loro posizioni, usando la popolazione civile della Ghouta come scudi umani».
Ancor più esplicito il portavoce del presidente russo Putin. «Quelli che sostengono i terroristi che sono ancora attivi nella Ghouta orientale - ha detto Dmitry Peskov - sono responsabili per la situazione lì». È questa dunque la risposta ufficiale del Cremlino alle accuse americane di coinvolgimento diretto russo nella strage di civili nel sobborgo di Damasco: a Ghouta si annidano estremisti nemici del legittimo governo di Assad e - come ha aggiunto Peskov - «né la Russia né la Siria né l'Iran sono tra i Paesi che sostengono i terroristi, semmai sono quelli che combattono in modo deciso i terroristi sul terreno in Siria».
E mentre nella provincia settentrionale siriana di Afrin continua
l'offensiva turca contro i curdi (da qualche giorno sostenuti dalle forze regolari di Damasco), i ribelli della Ghouta cominciano a rivolgersi ad Ankara per essere protetti dalle bombe di Assad. Un problema in più per Vladimir Putin.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.