New York Donald Trump alza nuovamente la voce sulla Siria: il presidente conferma l'inizio del ritiro e lancia una minaccia diretta alla Turchia, con la promessa di annientarla economicamente se attaccherà i curdi. «Iniziato il ritiro dalla Siria, da lungo tempo necessario - scrive su Twitter - mentre colpiremo duramente i restanti territori dell'Isis. Se si riformeranno, li attaccheremo dalle basi vicine». Il tycoon lancia un duro monito ad Ankara: «Devasteremo economicamente la Turchia se colpirà i curdi», anche se precisa come «allo stesso modo, non voglio che i curdi provochino». Trump parla pure della «creazione di una zona di sicurezza di 20 miglia», circa 30 km, e sottolinea che «Russia, Iran e Siria sono stati i maggiori beneficiari della politica a lungo termine degli Usa per la distruzione dell'Isis in Siria: nemici naturali. Ne beneficiamo anche noi, ma è ora di riportare a casa le truppe. Stop alle guerre senza fine».
Immediata la replica turca: «Non ci fa paura. Non si ottiene nulla con le minacce economiche», afferma il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu. «Trump subisce delle serie pressioni» per «impedire il ritiro» dalla Siria, ma «i partner strategici non si parlano attraverso i social», aggiunge, precisando che comunque il suo Paese non è «contrario all'idea» della zona cuscinetto al confine, citata dall'inquilino della Casa Bianca. Sulla questione è intervenuto anche il segretario di Stato Usa Mike Pompeo, che sta compiendo un tour nei Paesi del Golfo. Da Riad, in Arabia Saudita, il capo della diplomazia americana spiega che probabilmente il tycoon si riferiva all'imposizione di sanzioni ad Ankara in caso di attacco ai curdi: «Presumo stesse parlando di questo genere di cose, ma dovete chiederlo a lui». Per quanto riguarda le questioni lungo il confine tra Siria e Turchia, dice, «continuiamo ad avere colloqui. L'obiettivo del presidente è quello di cui stiamo parlando da un po', ovvero vogliamo essere sicuri che chi ha combattuto con noi per sconfiggere l'Isis sia in sicurezza, e i terroristi che agiscono fuori dalla Siria non siano in grado di attaccare la Turchia», spiega Pompeo. «Sono obiettivi gemelli - chiosa - il modo in cui li raggiungeremo è qualcosa su cui stiamo ancora lavorando. Se riusciamo a ottenere uno spazio, una zona cuscinetto, e le disposizioni sulla sicurezza, sarà una buona cosa per tutti nella regione».
A sera la telefonata tra i due leader. «Il presidente - fa sapere la Casa Bianca - ha espresso il desiderio di lavorare insieme per affrontare le preoccupazioni sulla sicurezza della Turchia nel Nord-Est della Siria, sottolineando l'importanza per gli Stati Uniti che la Turchia non maltratti i curdi e le forze democratiche siriane, con le quali abbiamo combattuto per sconfiggere l'Isis».
Intanto, prima della visita di Pompeo, proprio l'Arabia Saudita ha criticato Washington per il ritiro dalla Siria: «Complicherà ulteriormente la situazione e la ricerca di una soluzione, oltre a rafforzare Iran, Russia e Bashar al Assad», spiega il principe Turki al-Faisal, definendolo «veramente uno sviluppo negativo». Il ruolo di Teheran nel paese mediorientale, comunque, preoccupa anche Israele, e il premier Benyamin Netanyahu per la prima volta ha rivendicato la paternità dei recenti attacchi contro obiettivi iraniani e degli Hezbollah.
La Repubblica Islamica, da parte sua, non sta a guardare, con il capo dell'agenzia atomica, Ali Akbar Salemi, che ha annunciato i «primi passi» per dotare l'Iran di carburante nucleare arricchito al 20%. Una soglia che potrebbe rappresentare il primo passo del Paese verso l'abbandono dell'intesa, da cui si sono già ritirati gli Usa.
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