Magistratura

Smacco ai pm di Milano: quasi 50 assoluzioni

Undici condanne, quarantasei assoluzioni: è sconfortante per la procura della Repubblica di Milano il bilancio del processo terminato ieri per la cosiddetta inchiesta "Mensa dei poveri"

Smacco ai pm di Milano: quasi 50 assoluzioni

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Undici condanne, quarantasei assoluzioni: è sconfortante per la procura della Repubblica di Milano il bilancio del processo terminato ieri per la cosiddetta inchiesta «Mensa dei poveri», come era stato ribattezzato il ristorante sotto la sede della Regione Lombardia frequentato dal Gotha della politica locale. Tra le poche condanne ottenute dalla Procura, spiccano i quattro anni e due mesi inflitti a Lara Comi(foto), eurodeputata di Forza Italia, accusata di corruzione e di truffa all'Unione Europea per l'assunzione di un collaboratore. «Una sentenza incomprensibile, la definisce il suo legale Gian Piero Biancolella. Condanna anche per l'ex deputato azzurro Diego Sozzani, ma dimezzata rispetto alle richieste della Procura: un anno con la condizionale.

Per il resto fioccano le assoluzioni anche per politici per cui i pm Silvia Bonardi e Stefano Civardi avevano avuto richieste di condanna pesanti: Pietro Tatarella, ex consigliere comunale a Milano, era stato candidato a sette anni di carcere con giudizi quasi infamanti, viene riconosciuto del tutto innocente, «il fatto non sussiste». Stessa formula per l'assoluzione di Fabio Altitonante, ex consigliere regionale azzurro, per cui i pm avevano chiesto tre anni e tre mesi di carcere. E stessa sorte per altri quarantaquattro imputati - politici di secondo piano, manager pubblici, imprenditori - che erano stati indicati come i partecipi di un sistema di corruzione e di finanziamenti illeciti che pervadeva la politica lombarda. O meglio, un solo partito: Forza Italia.

Invece tutto, nella sentenza, si riduce ai fatti contestati a Sozzani e alla Comi. Per il primo, una modesta violazione alla legge sul finanziamento dei partiti. Per la seconda, due episodi che con la Lombardia hanno poco a che fare, le assunzioni di due collaboratori a Strasburgo avvenute secondo i giudici a prezzi gonfiati. «Sono stupita della sentenza di condanna. Tutti gli elementi emersi nel corso del dibattimento militavano per una pronuncia assolutoria», dice l'eurodeputata.

«È quindi evidente che impugneremo una sentenza che ribadisco ritengo ingiusta e lotterò in ogni sede per dimostrare la mia innocenza».

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