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Smascherate le finte riforme: non si smaltiscono i processi

Nelle 26 corti d'appello regna il caos: oltre 600mila cause pendenti. Ci vorrebbero tre anni per esaurirle

Smascherate le finte riforme: non si smaltiscono i processi

No, non ci siamo. Riforme su riforme. Filtri. Nuovi argini per fermare la marea dei procedimenti. Poi, se si studiano i numeri, ecco l'amara scoperta: la montagna delle cause, penali e civili, è sempre lì che incombe. E le 26 corti d'appello più 3 sezioni staccate, dove i nodi vengono al pettine, sono sempre sommerse dallo stesso numero di faldoni, o meglio le cifre cambiano ma in modo impercettibile. Nel quinquennio 2010-2014 i nuovi procedimenti aperti sono stati 249.820, quelli esauriti 249.050, quelli pendenti 666.306. Il livello dell'arretrato non sale più, come era nel passato, ma nemmeno scende. Per svuotare la vasca del civile, secondo l'immagine utilizzata dall'ex vicepresidente del Csm Michele Vietti, se per ipotesi non arrivasse più nemmeno una causa ci vorrebbero comunque 2 anni e 8 mesi. Insomma, solo di arretrato si andrebbe avanti a lavorare per 32 mesi. Ci sono stati dei miglioramenti ma la macchina è quella che è: le sopravvenienze, ovvero le nuove cause, sono diminuite del 21 per cento e in contemporanea quelle chiuse sono aumentate del 10,7 per cento. Passi in avanti importanti, ma non decisivi. La macchina delle corti d'appello resta in affanno se non ingolfata.

Siamo lontanissimi da una soluzione. I problemi sono complessi e richiederebbero coraggio e pragmatismo: per esempio, nel penale, si dovrebbe rivedere il dogma dell'obbligatorietà dell'azione da parte del pm e si dovrebbero depenalizzare molti illeciti. Ma anche la geografia ha la sua importanza, come mostra Vietti nel suo recente saggio Mettiamo giudizio (Università Bocconi Editore). Nel Paese degli estremi e dei paradossi convivono, non proprio felicemente, la corte d'appello di Milano che serve oltre 6 milioni di utenti e quella di Campobasso che fa giustizia in un fazzoletto di 314mila persone. Possibile? Si ma forse stride ancora di più il raffronto fra la Lombardia e la Sicilia. La Lombardia, circa 10 milioni di abitanti, ha 2 corti d'appello (Milano e Brescia) e 13 tribunali. La Sicilia, che ha circa 5 milioni di abitanti, la metà dei lombardi, ha ben 4 corti d'appello (Palermo, Catania, Caltanissetta, Messina) e 16 tribunali.

Anche il parametro della superficie presenta bizzarrie e irrazionalità che non dovrebbero essere tollerate in un sistema malato: il distretto di Torino, il più grande d'Italia, si estende su 2.8650 chilometri quadrati; la Sicilia, con circa 25.700 kmq, è divisa in 4 distretti e la Puglia, con meno di 20mila kmq, non è da meno con 3 distretti. Gli squilibri sono grandi e altri due dati permettono di inquadrarli meglio: 10 distretti ospitano il 70 per cento della popolazione, pari a 41 milioni di abitanti, mentre i restanti 19 (16 più tre sezioni staccate) solo 18 milioni di cittadini, pari al 30 per cento degli italiani.

L'Italia dà i numeri e i numeri fanno male a una realtà già farraginosa. Se scomponiamo i dati e passiamo dai distretti ai circondari, insomma dalle corti d'appello ai tribunali, ecco che ritroviamo le stesse incongruenze. I 9 tribunali che dipendono dalla corte d'appello di Milano hanno ciascuno una media di 733mila abitanti; i 3 del Molise arrivano a malapena a 100mila ciascuno. Siamo, su questo versante, al «federalismo» giudiziario ma sarebbe più corretto dire che siamo dentro una realtà schizofrenica, con tribunali di piccole dimensioni che, come i mini ospedali, non hanno più ragione di esistere. Ma la riforma del 2012, che pure ha tagliato molte sedi storiche, da Acqui Terme a Voghera, si è bloccata davanti a resistenze e ostacoli corporativi e non ha nemmeno sfiorato la mappa delle corti d'appello. Ci vorrebbe più decisionismo, sarebbe meglio spruzzare meno gocce di retorica quando si affrontano questi temi. Soprattutto, certi polverosi luoghi comuni dovrebbero essere abbandonati al loro destino e non difesi ad oltranza come pilastri della nostra civiltà. Perché, si chiede Vietti, mantenere un tribunale in ogni capoluogo di provincia? Dovevano essere abolite, invece le province resistono anche su questo lato.

Un altro mistero italiano.

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