Social «violenti», ecco come difendersi

Fake news, insulti e bullismo on line: le leggi tutelano la nostra reputazione digitale

«L a calunnia è un venticello, un'auretta assai gentile», canta don Basilio nel Barbiere di Siviglia sobillando don Bartolo a sputtanare il Conte di Almaviva con un passaparola di quelle che oggi si chiamerebbero fake news. E che oggi sarebbero propalate non nelle piazze e nei caffè ma attraverso i social network, grandissimi megafoni che chiunque può impugnare ruttandoci dentro qualsiasi cosa.

La reputazione online è una cosa seria. Al punto che un libro uscito da qualche settimana e scritto dall'avvocato Alessandra B. Fossati (Reputazione e social network, Munari Cavani Publishing, 128 pagine, 14 euro) fa un punto della situazione giuridica nel nostro Paese, svelandoci le implicazioni legali del tema, la giurisprudenza in materia e gli strumenti con cui difenderci.

Prima di tutto «occorre avere cura della propria identità digitale e gestirla in modo consapevole alla luce delle ripercussioni - letteralmente sconfinate in termini territoriali e temporali - che si possono verificare in ambito personale e lavorativo, evitando di dover ricorrere ex post all'esercizio selvaggio del diritto all'oblio», scrive Fossati. Insomma, prima di tutto dobbiamo aver cura di non autocalunniarci postando cose di cui potremmo pentirci in un secondo momento.

Ma che accade se sono gli altri ad attaccarci sui social? Il reato di diffamazione è stato esteso anche alle opinioni e ai giudizi espressi in Rete, fin da quando nel dicembre 2000 la Corte di

Cassazione in una sentenza rivoluzionaria riconobbe la «portata potenzialmente erga omnes dl messaggio diffuso in Rete» perché accessibile a una moltitudine indeterminata di soggetti. Vediamo social per social che cosa accade.

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