I l volo della farfalla è stato basso e difficile. E si è concluso sabato, penultimo giorno dell'anno e ultimo giorno di vita di Sofia de Barros, sette anni, la più famosa «bambina farfalla». Eufemismo che più eufemistico non si può per definire le creature colpite da una malattia tra le più crudeli, di quelle che se ti mordono non ti mollano fin quando non ti arrendi e le cure non sono speranze, al massimo illusioni. «Ieri sera la nostra piccola straordinaria bambolina Sofia è volata in cielo direttamente dalle braccia di mamma e babbo. Ora per lei non esiste più dolore, c'è solo l'amore», hanno scritto su facebook i genitori.
La malattia di Sofia si chiama leucodistrofia metacromatica, una roba degenerativa che ti trasforma il corpo in un nemico con cui combattere è impossibile oltre che inutile. Ci ha provato lei con le sue poche forze, ci hanno provato i genitori Caterina Ceccuti e Guido de Barros, fiorentini, trasferitisi a un certo punto del loro Golgota a Livorno per vivere in una casa più a misura della loro farfallina. La disperazione era tale che mamma Caterina e papà Guido si rivolsero anche a Davide Vannoni, il controverso «spacciatore» di speranze con il metodo Stamina, che agli Spedali Riuniti di Brescia proponeva di curare o arginare le malattie neurovegetative attraverso la conversione di cellule staminali in neuroni. La metodica non è stata mai validata dalla comunità scientifica malgrado lo Stato italiano nel 2013 dette via libera, su pressione dell'opinione pubblica, alla sperimentazione clinica del metodo Stamina, stanziando anche 3 milioni di euro malgrado la comunità scientifica internazionale mettesse in guardia l'Italia dal legittimare un protocollo del tutto privo di qualsiasi credibilità. Vannoni dimostrò presto che il puntare sul suo metodo era una scommessa persa: non depositò mai la documentazione scientifica su Stamina all'Istituto superiore di sanità e agli altri organismi deputati a elaborare il protocollo del test, prese tempo, gridò prevedibilmente al complotto, annunciò anche il trasloco con le famiglie dei malati a Capo Verde, dove una cooperativa di perenti dei malati avrebbe finanziato l'apertura di un laboratorio. Alla fine la sperimentazione fu bloccata e lui, Vannoni, patteggiò nel 2015 la pena di un anno e dieci mesi per associazione per delinquere finalizzata alla truffa e somministrazione di farmaci difettosi. Con lui patteggiarono sei altri imputati tra cui il medico Marino Andolina, ex vicepresidente della Stamina Foundation. Fine della storia? Non proprio, perché Vannoni il 26 aprile 2017 fu arrestato a Torino: continuava a sottoporre alcuni pazienti all'infusione di cellule staminali rigenerate in una clinica della Georgia per la quale venivano organizzati da un tour operator dell'inganno, viaggi che costavano dai 18mila ai 27mila euro.
Sofia di questa brutta storia era una testimonial inconsapevole, fu lei e furono i suoi presunti piccoli progressi in seguito alle prime inoculazioni di cellule staminali secondo il metodo di Vannoni a dare un fugace credito a quella terapia cialtronesca. Nata normale, Sofia all'età di un anno e mezzo aveva iniziato a sbandare: non camminava più bene, in breve tempo finì paralizzata e cieca nel pozzo nero del buio e del dolore. Poi arrivarono vannoni e Stamina, quindi la verità tolse il velo alla truffa. Dal 2014 i genitori di Sofia hanno capito che nessuna disperazione può trasformare una bambina senza forze nella cavia di affaristi senza vergogna e hanno fatto di lei un simbolo di una diversa speranza, quella di guarire grazie alla scienza e non alla fantascienza.
A lei hanno dedicato la onlus «Voa Voa, amici di Sofia», per il sotegno alle famiglie colpite dal malattie rare e senza cura. La farfalla è tornata crisalide, ma da lì potrebbe uscire un'aquila per un volo finalmente lungo e vigoroso.
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