Nella settimana che ci stiamo lasciando alle spalle si è registrato il consumo di energia elettrica più alto di sempre: oltre 61 gigawattora (fonte Terna). L'unica possibilità sul tavolo è il nucleare, che l'Europa vorrebbe inserire nella tassonomia come fonte green. Negli anni Sessanta eravamo all'avanguardia, dopo la bocciatura del referendum del 1987 (confermato nel 2011) abbiamo dismesso l'intera filiera produttiva e ci limitiamo a trattare i rifiuti radioattivi con la Sogin, una società su cui ogni anno versiamo un paio di miliardi di euro per realizzare il Deposito nazionale delle scorie, ancora sulla carta. Soldi presi dalle bollette, anche se la voce è stata recentemente sterilizzata contro il caro energia.
Nei giorni scorsi la società è stata commissariata. «Sogin ha prodotto ritardi incomprensibili e sprechi ingenti di risorse», accusa la capogruppo di Italia Viva in Commissione Ambiente della Camera Silvia Fregolent. Preoccupato il deputato di Alternativa, Giovanni Vianello: «Si agirà in deroga alla legge su temi delicatissimi. Se qualcuno ha sbagliato, ci dicano chi e perché». In pole come commissario c'è la bersaniana Sara Romano, capo Dipartimento per l'Energia e il clima al ministero della Transizione ecologica.
Ma su Sogin si addensano nubi pericolose. Da Palazzo Chigi trapela l'idea che la Sogin così com'è debba essere smantellata. A turbare il governo c'è il filone d'inchiesta su cui indaga la Guardia di Finanza di Roma che porta in Slovacchia, Paese al centro degli appetiti della 'ndrangheta, vedi l'inchiesta «Crepuscolo» sull'omicidio nel 2018 del giornalista Jan Kuciak, in cui è coinvolto l'ex premier Robert Fico, salvato dal carcere dal Parlamento slovacco per 2 voti.
Nel mirino, a quanto apprende il Giornale, ci sarebbero due vecchi contratti datati 2014 e 2018 firmati dal precedente CdA Nucleco (società controllata da Sogin e partecipata da Enea), allora guidato dal presidente Alessandro Dodaro, dirigente Enea, in corsa oggi per la poltrona di Dg Enea in quota Pd. Entrambi furono affidati all'azienda slovacca Javys da Nucleco senza una procedura di gara di evidenza pubblica e anche per questo, a scadenza, ritenuti «irregolari e «illegittimi» dall'ex amministratore delegato Nucleco Luca Cittadini, in questo confortato dal responsabile del settore legale di Sogin, Mariano Scocco, e da un parere legale esterno. Il contratto sarebbe rischioso anche perché prezzato a metro cubo e non a kg: sostanzialmente Javys verrebbe pagata anche se i fusti pieni di rifiuti radioattivi fossero vuoti. Inoltre il contratto sarebbe stato accompagnato da una fidejussione bancaria a garanzia non regolare. A novembre 2021 il CdA Nucleco, presieduto da Nadia Cherubini (Enea), aveva inizialmente bocciato il rinnovo col voto contrario di Cittadini e Pagano. Dopo un veloce ripensamento di quest'ultimo, il Cda dopo qualche giorno rinnova il contratto. Scocco e Cittadini vengono successivamente licenziati (una ritorsione?) dall'allora ad Sogin Emanuele Fontani (nominato nel 2019 da Luigi Di Maio) e dall'allora presidente Sogin Luigi Perri (nominato nel 2019 dal Pd Antonio Misiani), dopo una verifica interna non senza ombre, portata avanti dalla task force guidata dall'ex Gdf Luigi Cerciello Renna, nato a Pomigliano d'Arco e amico di famiglia del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, assunto da Fontani nel mese di ottobre 2020 e promosso dirigente.
Secondo le carte che Il Giornale ha potuto consultare, nel mirino della Gdf ci sarebbero i rapporti tra Nucleco e Javys, lo stesso Fontani, l'ex presidente Nucleco Dodaro, il dirigente Sogin Francesco Troiani, ex Enea ed ex Nucleco, e l'avvocato Piersante Morandini, rappresentante in Italia di Javys grazie ai solidi rapporti di amicizia con l'ex premier slovacco Fico ma anche partner di Sogin nel contratto con Javys, attraverso un gioco di scatole cinesi e di società facenti capo a uno stesso studio a Bratislava, in via Michalská, 7.
Nel mirino ci sarebbe anche il ruolo di Ivo Velletrani, sponsorizzato Pd e legato sia a Michela Di Biase, compagna del ministro Dario Franceschini, sia alla stessa Romano, che per 20 anni ha esercitato i poteri di indirizzo e di controllo sul nucleare senza
mai sollevare alcuna ombra su Sogin. Quanto incideranno queste faide nella scelte del governo? Che fine farà l'inchiesta aperta dalla Guardia di Finanza di Roma? E soprattutto, quale sarà il futuro del nucleare italiano?
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