Ma la sola violenza provata è quella contro il regista

Abbiamo invece contezza di una violenza flagrante, spietata e intollerabile, la vittima si chiama Fausto Brizzi

Ma la sola violenza provata è quella contro il regista

Non sappiamo se le accuse nei suoi confronti siano vere o false né se le presunte vittime siano state effettivamente violentate. Abbiamo invece contezza di una violenza flagrante, spietata e intollerabile, la vittima si chiama Fausto Brizzi. Nella «tangentopoli del sesso», inaugurata dal caso hollywoodiano di Harvey Weinstein, ogni accusa si trasforma in una condanna preventiva. La domanda delle domande è: perché recarsi in procura quando esiste la televisione? Perché affidarsi a un giudice ordinario quando la giustizia sommaria assicura una pena istantanea e spietata? Basta poco per annientare una persona. Si assiste allo spettacolo devastante di una giustizia tribale, fondata sulla vendetta, Cesare Beccaria si rivolterebbe nella tomba. Il presunto colpevole è additato sulla pubblica piazza, deprivato del bene più caro, la reputazione personale; messo alla berlina senza diritto di difesa, la parola delle accusatrici duella contro la sua flebile voce; violentato negli affetti intimi, con una moglie costretta a un laconico comunicato per arginare l'onda impetuosa del gossip; sbrindellato nella propria vita professionale, da un giorno all'altro si abbatte una damnatio totale e inappellabile contro l'opera del suo ingegno, l'artista sconta le presunte colpe dell'uomo: via le quote societarie, via il nome dai crediti del film di cui egli è regista, sceneggiatore e autore. Che ipocrisia, quanta violenza. Non esiste una formale denuncia, zero accertamento giudiziale, zero contraddittorio, zero prove, Brizzi non merita neanche la qualifica di «indagato», tutto si svolge a colpi di interviste video, ritagli di stampa, tweet al vetriolo. Voi non avete la nausea? Questo signore è forse un orco, forse un porco, ma nei paesi civili esiste la giustizia dei tribunali alla quale la vittima si rivolge per rivalersi sull'offensore. Nessun essere umano merita un processo sommario che eleva la delazione a prova, la diceria a gogna, l'accusa a condanna preventiva. Le vittime hanno il sacro diritto di denunciare, un tocco di fair play e buon gusto imporrebbe di farlo nei tempi prescritti dalla legge. Ugualmente sacro è il diritto alla difesa di un uomo che assiste, inerme, alla devastazione istantanea della propria esistenza.

Come ti difendi da accuse di molestie e stupri a distanza di anni? In assenza di testimoni, è praticamente impossibile. Le violenze attribuite a Brizzi gravitano nel limbo dell'incertezza. La violenza contro di lui invece è flagrante, e fa schifo.

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