Mai così tanti permessi di soggiorno come nel 2017. E, soprattutto, mai così tanti per motivi di asilo e di protezione umanitaria: il 38,5 per cento del totale, più di uno su tre. Ai minimi storici, invece, i migranti arrivati in Italia per motivi di lavoro.
L'ultimo rapporto Istat, pubblicato ieri, fotografa la situazione dei cittadini extracomunitari presenti al 1° gennaio 2018 nello Stivale. Tre milioni e 700mila persone regolarmente residenti nel nostro Paese, poche centinaia in più rispetto all'anno precedente. La maggior parte vive al Centro-Nord: la Lombardia ne ospita uno su quattro (seguita da Emilia-Romagna e Lazio) e nelle sole province di Milano (12,0%) e Roma (9,3%) vive più di un quinto degli stranieri non comunitari. La sorpresa, però, riguarda i nuovi permessi concessi l'anno scorso: sono 262.770, il 16 per cento in più rispetto al 2016. Quelli rilasciati a chi ha ottenuto lo status di rifugiato o a chi è stato ritenuto meritevole di protezione umanitaria - la tipologia nel mirino del decreto Sicurezza del ministro dell'Interno Matteo Salvini - toccano un record storico: nel 2017 sono stati oltre 101mila, +29,7 per cento rispetto all'anno prima. Al contrario i permessi di soggiorno per motivi di lavoro - concessi a chi entra in Italia per motivi occupazionali, anche se è in attesa o in cerca di un impiego - non sono mai stati così pochi: il 4,6 per cento del totale, appena 12mila. Il primo motivo di ingresso, in ogni caso, rimangono i ricongiungimenti familiari: il 43,2 per cento degli stranieri sono arrivati in Italia con questa giustificazione. Ma queste cifre rappresentano una media, dietro cui ci sono differenze di genere: tra gli uomini è l'asilo la prima ragione di arrivo (54,3% dei permessi), mentre per le donne è la famiglia (64,5%). I permessi umanitari, infatti, registrano una composizione piuttosto squilibrata: nell'85,8 per cento dei casi a ottenerli sono uomini.
Ma non sono stati solo i nuovi arrivi a far crescere i permessi di soggiorno. Altra ragione è il fatto che, per la prima volta in dieci anni, nel 2017 è calato il numero di immigrati che hanno richiesto e ottenuto la cittadinanza italiana. Una flessione significativa: -26,4 per cento. Le uniche tipologie a crescere sono quelle per matrimonio (soprattutto tra le donne) e quelle sulla base del cosiddetto ius sanguinis, ovvero per nascita da almeno un genitore cittadino italiano: nel 2016 erano il 3,8 per cento del totale, l'anno scorso sono diventate il 6,1. E qui il rapporto apre due parentesi interessanti: quella sui migranti brasiliani, che continuano a crescere e sono al terzo posto come acquisizioni di cittadinanza, e quella sui cinesi, che nonostante la presenza numerosa e storica nella Penisola si confermano poco interessati a diventare italiani a tutti gli effetti e l'anno scorso solo in 1.600 hanno fatto domanda.
Ma, oltre ai numeri, l'Istat fotografa anche la trasformazione dei flussi migratori nel nostro Paese. A trasformarsi sono soprattutto i Paesi d'origine dei richiedenti. Le comunità più rappresentate rimangono Marocco, Albania e Cina, seguite da Ucraina e Filippine.
Ma le prime tre continuano a diminuire, mentre stanno vivendo una fase di boom Nigeria, Pakistan e Bangladesh, che insieme coprono il 41 per cento dei permessi umanitari. In particolare i bengalesi regolarizzati l'anno scorso sono il 96 per cento in più rispetto al 2016, e a loro si accodano i profughi provenienti da Guinea (+66%) e Costa d'Avorio (+40%).
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