Il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, ribadendo i punti che Fdi ha sollevato all'interno della coalizione per il futuro del Colle, ricorda il «patriottismo» dell'ultimo governo Berlusconi.
L'unità del centrodestra rimane un punto essenziale?
«Da parte nostra non ci saranno ripensamenti. Noi, per scelta, abbiamo sempre evitato di avere alternative al centrodestra. Con questo non condanniamo chi ha scelto di sostenere questo o quel governo: abbiamo deciso che o si sta nel centrodestra o niente. Quindi, quando lei mi chiede se ci sarà unità, per noi è in re ipsa, nella natura delle cose».
Lei ha posto il tema dei numeri e delle convergenze. Berlusconi, però, rimane il candidato più rappresentativo?
«Berlusconi è sicuramente rappresentativo del centrodestra. Matteo Salvini e Giorgia Meloni non hanno l'età per poter ambire al Colle. Sono fuori gara. Quindi Berlusconi non è soltanto il più affermato e quello con più storia ma pure l'unico dei tre leader che ha più di cinquant'anni. Berlusconi ha dalla sua il sostegno complessivo del Ppe e la certezza che farebbe gli interessi nazionali. Siamo sicuri perciò che Berlusconi corrisponda al nostro identikit di presidente della Repubblica. Poniamo solo un problema».
Quale?
«Che non dev'essere un candidato di bandiera ma uno che ha chance di vittoria conclamate. Sino a questo momento, Forza Italia, più che Berlusconi, ci ha assicurato di avere un pacchetto di parlamentari in procinto di dichiararsi a favore della sua candidatura. I giorni passano: non vogliamo nomi e cognomi o dichiarazioni sottoscritte da un notaio, ma dobbiamo fiutare l'aria per capire se questo racconto, fatto a noi e allo stesso Berlusconi, corrisponda alla realtà. In tal caso, se sciogliesse la riserva, saremmo i più felici nel sostenerlo. Se non fosse probabile che quei voti possano aggiungersi ai nostri, allora occorrerebbe una riflessione. Se ci saranno le prospettive che ho descritto, garantiremo tutti i nostri 64 voti. Mi auguro che possano fare e dire lo stesso anche tutti gli altri partiti della coalizione».
Lei è stato un ministro centrale di un governo patriottico...
«Un esecutivo che teneva moltissimo all'interesse dell'Italia. Quello significa essere patrioti: avere come stella cometa l'interesse dell'Italia e degli italiani. Poi uno può commettere degli errori ma la cifra culturale era molto patriottica. Ricordo l'impegno per i militari in missione internazionale, la legge che io riuscii a far approvare per far sì che i militari potessero pattugliare, assieme ai carabinieri, le zone più a rischio. Ricordo l'opera del governo per la ricostruzione dell'Aquila dopo il terremoto».
Il Pdr può indirizzare il dibattito. La destra ha sempre cercato la pacificazione...
«Uno dei motivi per cui sono d'accordo sulla candidatura di Berlusconi è proprio questo. Il 25 aprile del 2009, nel discorso di Onna, Berlusconi ha dato un segnale che lasciava sperare nel raggiungimento di una pacificazione nazionale.
Fu l'unico discorso sul 25 aprile del dopo guerra a non essere divisivo. Non l'ho dimenticato. Prima di lui, soltanto Violante, da presidente della Camera, aveva tentato da sinistra di proporre un ragionamento su una vera pacificazione nazionale».
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