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Quel sondaggio choc sul Pd che affossa Zinga e compagni

I dem divisi al loro interno e fiaccati dai continui litigi. Gli elettori voltano loro le spalle: i consensi sprofondano al 14,2%

Quel sondaggio choc sul Pd che affossa Zinga e compagni

La crisi di governo innescata all'inizio del 2021 non ha fatto altro che apportare problemi all'interno del Partito democratico, mettendo in acceso rilievo le diverse correnti di pensiero e provocando più di qualche dissidio a distanza. Una situazione tutt'altro che tranquilla per i dem, che adesso temono la scissione definitiva perché le circostanze che si sono venute a creare non fanno dormire affatto sonni tranquilli. Tutto è partito dalla strategia adottata da Nicola Zingaretti nella gestione della crisi, finita nel mirino di molti esponenti che hanno chiesto conto di quanto accaduto: "Qualcuno, prima o poi, dovrà pagare per la fallimentare strategia tenuta dal partito". Il segretario del Pd non ha passato mesi sereni, messo costantemente sulla graticola soprattutto dalla componente di minoranza dei filo-renziani che chiede con urgenza un cambio di leadership.

Sondaggio da brividi

Le preoccupazioni sono aumentate soprattutto ieri sera, quando il direttore Enrico Mentana ha reso noto il sondaggio Swg riguardante il quadro politico con Giuseppe Conte leader del Movimento 5 Stelle. Era ovviamente preventivabile che l'ex premier fosse in grado di togliere voti ai dem, ma non in una misura così larga: addirittura il Partito democratico perderebbe il 4,3% e scivolerebbe al 14,2% facendosi così sorpassare dal M5S (22,3%) e da Fratelli d'Italia (16,1%). Una mazzata per il partito di via Sant'Andrea delle fratte, che finirebbe dominato dai grillini e dunque la centralità in una coalizione di centrosinistra resterebbe semplicemente un'utopia.

Il congresso

Il presidente della Regione Lazio sembrava aver aperto al congresso, sottolineando la necessità di promuovere un dibattito "senza astio e ipocrisie" attraverso "la forma più schietta" da decidere in tempi brevi. Ma l'inversione di marcia non è tardata ad arrivare. Ieri ha sì ribadito l'importanza di "un equilibrio perché sennò diventa un'altra cosa e cioè la rimessa in discussione di un progetto politico", ma ha fatto capire che le primarie restano previste per il 2023: "Non possiamo vivere i prossimi mesi con fuori una battaglia politica e noi implosi in una discussione tutta interna, occorre un salto in avanti".

A spaventare è l'ipotesi che Stefano Bonaccini - che può contare sul sostegno di Base Riformista dei vari Gori, Marcucci e Nardella - possa prendersi il partito e magari possa favorire il ritorno di Matteo Renzi, senza dimenticare l'operazione che prende il nome di "Torna a casa Matteo". Dal Nazareno infatti spiegano: "Una volta che Bonaccini sarà riuscito a prendersi il Pd, per Renzi sarà un gioco da ragazzi rientrare dalla porta principale al Nazareno, magari chiedendo che la Boschi faccia il presidente del partito o la capogruppo Pd alla Camera".

La questione donne

Probabilmente Zingaretti non sa che nel partito gli animi si stanno scaldando con il passare dei giorni. A provocare accese polemiche è stato il varo del governo Draghi che ha lasciato le esponenti donne dem fuori dalla porta di Palazzo Chigi. "La mancanza di donne nella delegazione del Pd al governo dimostra che, ancora oggi, nel Pd il potere è questione per soli uomini. L'uguaglianza di genere non è purtroppo un elemento identitario del nostro partito", è stato il duro attacco di Laura Boldrini. Tra le molteplici richieste anche una rapida nomina di una vicesegretaria e la condivisione (un uomo e una donna) delle cariche.

La situazione resta esplosiva e l'allarme, almeno per il momento, non sembra intenzionato a rientrare.

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