"Sono meravigliato: neppure una parola sulla giustizia penale"

Il professore emerito Giarda bacchetta il premier: "Dal carcere alla prescrizione, troppi nodi"

"Sono meravigliato: neppure una parola sulla giustizia penale"

«Io non sono che un vecchio professore, e come tutti i professori scrivo cose che nessuno legge. Il presidente del Consiglio potrebbe dirmi: fatti i fatti tuoi».

Non lo farà, perché è una persona educata.

«Non ne dubito. E allora vorrei dirgli che sono rimasto meravigliato nel non sentirgli dire nel suo discorso di insediamento una sola parola sui problemi drammatici della giustizia penale in questo paese».

Angelo Giarda, professore emerito di procedura penale alla Cattolica, non è solo un cattedratico: conosce le aule, i processi, gli imputati, i pm. E, con i modi dovuti, al presidente Draghi vorrebbe ricordare cosa serve davvero.

Draghi è un economista, pensa alle imprese, e infatti del processo civile ha parlato.

«Ho sentito, ha fatto bene. Ma ricordo che il processo civile riguarda controversie tra privati. Nel processo penale invece c'è l'individuo davanti allo Stato. Ed è qui che mi sarebbe piaciuto sentir dire al presidente: ci metteremo mano».

E come fa? La maggioranza che sostiene Draghi ha idee divergenti. Se si apre il fronte della giustizia il governo cade domattina.

«Me ne rendo conto, capisco che in questo momento non bisogna disturbare il manovratore. E non mi aspettavo che Draghi indicasse già delle soluzioni. Ma che almeno indicasse che ci sono alcune situazioni di lacune profonde, di criticità, su cui si impegnava a intervenire, magari ascoltando non solo i magistrati ma anche noi poveri professori».

Per esempio?

«Pensi alle carceri. Oggi il sistema penitenziario tratta allo stesso modo chi è in carcere a espiare una pena definitiva a chi è in custodia cautelare, negli stessi carceri ci sono colpevoli acclarati e individui che hanno diritto alla presunzione di innocenza. Le norme europee non lo consentono, ma non cambia niente».

E poi?

«Penso a temi cruciali: la vera parità tra accusa e difesa nel processo, la lealtà delle parti. Sono lacune che sono note a tutti, e che avrebbero richiesto almeno un annuncio di interesse. Penso anche alle prove in base a cui spesso si condanna: il sospetto, la presunzione, le cosiddette prove atipiche. Niente».

Poi c'è lo spettro della prescrizione, il tema più divisivo di tutti, che incombe su questa maggioranza eterogenea. A lei piace la legge Bonafede?

«Il meno che si possa dirne è che è una legge troppo restrittiva. La prescrizione andava affrontata insieme alla riduzione dei tempi del processo penale, sono due cose che vanno insieme, invece si è voluto rispondere a domande di tipo istintivo. Anche su questo mi aspettavo un segnale da Draghi».

Però il premier ha messo alla Giustizia un ministro di alto profilo.

«Marta Cartabia viene da una esperienza significativa alla Corte Costituzionale.

Sono fiducioso che lei e Draghi affronteranno i problemi reali. Proprio per questo mi sarei aspettato che nel suo primo discorso al Parlamento il capo del governo dicesse al Paese: ci occuperemo della giustizia penale».

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