La Spagna attira comprensibile attenzione per il successo fatto registrare dalla nuova compagine di estrema destra Vox, oltre che per la conferma dell'incapacità conseguenza della crescente frammentazione del suo quadro politico di formare una maggioranza parlamentare. Eppure le ricadute a livello europeo del voto spagnolo di ieri, a meno di un mese dalle elezioni per il rinnovo dell'Europarlamento, potrebbero non essere così rilevanti. Vox, sull'onda del risultato di ieri, potrebbe aspirare a un lusinghiero 15 per cento, ma sarebbero pur sempre 7 seggi sui 54 che la Spagna porterà a Bruxelles: poca cosa, alla fine. Il tema è noto e ben delineato: il successo, più o meno relativo, delle forze sovraniste e populiste in Europa potrà avere come effetto quello che gli stessi sovranisti e populisti si augurano, e cioè una rivoluzione negli equilibri politici a Bruxelles che cambi il volto dell'Europa quale oggi lo conosciamo? La risposta, a tutt'oggi, sembra un chiaro no. E forse la forte affluenza al voto che si è registrata in Spagna ci parla di una reazione alla prevista ondata euroscettica, che dal temuto astensionismo avrebbe ricavato ancor maggiore forza. Certamente gli euroscettici cresceranno, e il loro buon risultato in molti Paesi importanti farà sensazione. Ma se in Paesi come l'Italia, la Polonia e l'Ungheria si potrà quasi certamente parlare di successo pieno, altrove sarà diverso. Della Spagna abbiamo già detto, in Francia certamente farebbe effetto se il partito di Marine Le Pen prendesse più voti di quello del presidente Macron ma sempre di minoranza si tratterebbe, in Gran Bretagna il Brexit Party del redivivo Nigel Farage scombinerà i piani dei partiti tradizionali ma non ne insidierà la superiore forza, mentre in Germania l'estrema destra più inquietante del continente difficilmente supererà il 12 per cento dei voti. Insomma, a meno di grossissime sorprese, il campo sovranista e populista si rafforzerà ma il massimo obiettivo politico che riuscirà a conseguire consisterà nel costringere la coalizione di maggioranza a Bruxelles ad includere una o due compagini minori in più: il sogno di entrare nella stanza dei bottoni rimarrà tale. Tornando al voto spagnolo di ieri e alle sue ricadute in vista del 26 maggio, i suoi risultati segnalano un ulteriore paradosso: nonostante il successo di movimenti eccentrici di destra e di sinistra come Vox e Podemos, la Spagna non solo dovrebbe confermarsi come uno dei Paesi europei che inviano a Bruxelles gruppi più forti di rappresentanti dei partiti tradizionali, ma anche conseguire grazie a questo maggior peso per il proprio Paese soprattutto all'interno delle frazioni europarlamentari socialista e liberale.
Il dettaglio dei sondaggi attuali prevede per i socialisti 15 seggi, il che ne farebbe la terza forza nel Pse dietro i laburisti britannici e i socialdemocratici tedeschi (il previsto tracollo del Pd dal famoso 40% di Renzi nel 2014 farebbe invece precipitare la rappresentanza italiana dal primo al quarto posto); mentre i 10 seggi previsti per Ciudadanos farebbero del movimento di Albert Rivera la seconda o la terza forza all'interno del gruppo liberaldemocratico Alde, che pare destinato a integrare l'attuale maggioranza all'Europarlamento. Insomma, caos politico a Madrid, ma comunque più peso per la Spagna a Bruxelles.
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