Problemi al motore, si torna indietro. Non è stato necessario scomodare il team medico per aiutare i due cosmonauti della Soyuz MS-10 atterrati nella steppa kazaka di Baikonur. Generalmente dopo mesi in orbita si torna rattrappiti. Ma ieri mattina il russo Aleksei Ovchini e lo statunitense Nick Hague sono scesi senza problemi. Contrariati, però. Come non esserlo dopo due anni di preparazione per una missione di sette mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale che termina anzitempo con un volo di due minuti e mezzo? E ora i russi annunciano un'indagine per accertare eventuali violazioni delle regole di sicurezza nella costruzione del veicolo.
Sembrava il solito lancio della Soyuz. Invece poco dopo il distacco dei quattro razzi laterali il motore di spinta del secondo stadio (anch'esso a combustibile liquido) che è quello che garantisce il raggiungimento della quota orbitale, si è inceppato. Evidente perdita di potenza apparsa subito sui monitor della navicella. A quel punto, visto che non era possibile andare in orbita, sono scattate le procedure d'emergenza e i due hanno proceduto alla manovra di «aborto lancio». Pochi minuti, ma fondamentali per tutta la missione. I cosmonauti hanno così staccato la Soyuz dal resto del razzo e compiuto un atterraggio perfetto in Kazakistan, dove sarebbero dovuti rientrare solo nel gennaio 2019. E ora si pone il problema di individuare le cause dell'incidente, un processo che rallenterà inevitabilmente le prossime missioni umane verso lo spazio. «Finché non saranno chiarite le cause dell'incidente di oggi - spiega Alessandro Gabrielli, responsabile dell'unità lanciatori e trasporto spaziale dell'Agenzia Spaziale Italiana - è probabile che i voli in programma per la Soyuz siano sospesi». Non c'è da preoccuparsi, comunque, per la sorte dell'attuale equipaggio della Stazione spaziale, che pur essendo più isolato del solito ha tutto il necessario per proseguire in sicurezza le sue attività, tanto più che i rifornimenti arrivano con altre navicelle (senza equipaggio). E ora? Nonostante tutto pare non sia ancora arrivato il momento di rottamare la Soyuz: La navicella russa - dicono ancora dall'Asi - resta comunque un mezzo estremamente affidabile, pur se spartano. Bisognerà indagare le cause dell'incidente, prendere le contromisure e riformulare l'agenda delle prossime missioni, ma probabilmente ci serviremo ancora della Soyuz».
La Soyuz, la cui prima versione nasce alla fine degli anni Sessanta in Unione Sovietica, è una navicella che rimorchia gli astronauti che devono raggiungere la Stazione spaziale internazionale (e tornare sulla Terra). Se ne sono serviti anche i nostri Samantha Cristoforetti, Paolo Nespoli e soprattutto Luca Parmitano. Già. Nella seconda metà del 2019 è previsto il lancio della missione dell'Esa «Beyond» affidata proprio all'astronauta italiano Luca Parmitano che sarà anche comandante dell'Iss. Al momento non si sa se questo incidente influirà sui tempi di lancio. Per ora L'Esa non commenta. La sensazione è che, purtroppo per Parmitano, l'inconveniente possa sconvolgere i piani.
Non è la prima volta che scatta un'emergenza di questo tipo. Nel 1975 i due cosmonauti della Sojuz 18 ebbero un problema simile e fecero un ammaraggio di emergenza nel lago di Aral.
Più di recente, nel 2015, una Progress per un'avaria ai motori non raggiunge la Stazione Spaziale. Si dovette quindi capire qual'era il guasto. Gli astronauti in procinto di rientrare (compresa Samantha Cristoforetti) dovettero restare un mese in più sulla Stazione. Sarà lo stesso anche questa volta.
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