Milano - Utilizzati come fossero delle carceri, ma senza il controllo tipico degli istituti penitenziari. Impiegati da forze dell'ordine ormai esasperate come parcheggi di emergenza di criminali irregolari, migranti senza permesso che si macchiano di reati «minori», come lo spaccio, e che per questo «non restano detenuti in cella per più di una notte o di qualche giorno». I Cie, appena riformati dal ministro dell'Interno Marco Minniti, sono casa di ambulanti abusivi, spacciatori, ma anche di donne impaurite senza documenti. Contenitori di contraddizioni. Polveriere da cui è facile fuggire, terreno fertile di nuovi sodalizi pericolosi come quelli che stringeva Anis Amri, l'attentatore di Berlino, durante la sua permanenza nei centri della Sicilia.
La questura di Firenze dopo tre settimane di lotta serrata a un gruppo di pusher stranieri che dominavano la piazza dello spaccio dell'Oltrarno, se ne è liberata caricando gli otto migranti su un volo di sola andata diretto a Catania e Caltanissetta con una poderosa scorta di agenti. Destinazione Cie. Con la speranza che il rimpatrio, sempre che l'identificazione vada a buon fine, venga eseguito prima della loro fuga e del loro ritorno agli affari illegali in Toscana.
Da Padova due spacciatori arrestati in piazza delle Erbe sono stati accompagnati dai poliziotti al Cie di Brindisi su decreto di espulsione del questore. Stessa sorte per due nigeriani e quattro tunisini, con precedenti per droga, che pochi giorni fa sono partiti dal Veneto per i Cie di Brindisi, Torino e Caltanissetta. In quello di Roma è stata inviata una cittadina nigeriana priva di documenti, insieme a una filippina con permesso di soggiorno scaduto.
Ed è questo, a oggi, l'unico modo, sempre che ci siano posti disponibili, per evitare che dopo una notte in carcere gli irregolari che delinquono possano «tornare a girovagare per le città». Già, una notte, forse, perché ormai «non si resta dentro neanche per rapina, figuriamoci per lo spaccio», dice rassegnato Franco Maccari del Coisp. «I Cie sono l'unica soluzione che abbiamo per non lasciarli in libertà, ma il problema sono gli spazi che non ci sono».
A delimitare queste finte carceri ci sono «mura altissime» e la sorveglianza di poche decine di agenti. «Ma non è così facile fuggire - spiega Maccari - anche se è chiaro che non sono delle prigioni. A liberarli sono le ambasciate dei Paesi d'origine che non fanno il proprio lavoro. Una volta scaduto il tempo della burocrazia per i rimpatri vengono rimessi in libertà».
Paradossi a cui ha messo mano il ministro dell'Interno a furia di nuovi accordi bilaterali che velocizzino le espulsioni. In attesa che il decreto sicurezza approdato in commissione affari costituzionali al Senato, passi l'iter parlamentare e diventi operativo le Questure fanno quello che possono. Le celle sono piene, le maglie della legge rimettono in libertà di pusher e abusivi. I Cie scoppiano.
Pensare che sono l'unica, fragile alternativa al dileguamento nel nulla. In futuro ce ne sarà uno per regione, da un centinaio di posti. I tempi? «Chissà - riflette Maccari - le nuove strutture sono tutte da costruire».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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