La Spagna «mata» il bipartitismo

I popolari primi senza maggioranza. Rajoy pronto a lasciare alla sua vice. Podemos a un soffio dai socialisti

Manila AlfanoIl giorno storico pronosticato è arrivato: 40 anni dopo, il bipartitismo è stato superato. I vecchi partiti non bastano più. La Spagna ha premiato chi si è messo contro, chi ha denunciato e ha promesso cambiamenti radicali. I volti nuovi e puliti di Podemos e Ciudadanos sono stati accontentati. Chiudere con la stagione delle politiche di austerità, sganciarsi dalla Merkel che con Rajoy era quasi un Paese satellite della Germania. Lo scrutinio nella notte indica un crollo del consenso sia dei popolari sia dei socialisti, che si sono alternati al governo in Spagna dal 1982. I popolari di Mariano Rajoy si confermano il primo partito, ma senza maggioranza. I caroselli con i fazzoletti azzurri lungo la Gran Via, la Madrid dei grandi magazzini e dei palazzi del potere non abbagliano nessuno. La maggioranza assoluta resta un miraggio. Da oggi in poi la parola d'ordine sarà dialogo, compromesso. Il partito popolare passa dai 186 deputati che aveva eletto nel 2011 a 112, perdendo oltre sessanta di seggi. I socialisti, che alle precedenti politiche avevano ottenuto 110 seggi, ne perdono una ventina, attestandosi oggi a 92. A festeggiare è la formazione di sinistra e antiausterità Podemos, capeggiata da Pablo Iglesias e protagonista delle proteste degli «indignados». Al quartier generale la festa è grande (in serata la notizia del blocco dei partiti di sinistra a un soffio dalla maggioranza assoluta). Sono oltre 400 i giornalisti che sono lì a raccontare il cambiamento storico. La folla urla: «Si se puede, si se puede». Si, si può fare. È vero. Si può. Tutti lo acclamano. «Presidente, presidente». Pablo Igelsias, detto il «coleta», il codino, sguardo trasognato dall'aria romantica che fa girar la testa alle ragazze gongola anche se non gli è riuscito il colpo di diventare il primo movimento di sinistra. I socialisti escono indeboliti anche se alla fine hanno riportato 24 seggi in più dei nuovi avversari. I Ciudadanos di Albert Rivera sono usciti ridimensionati, dopo che tre settimane fa erano stati in testa nei sondaggi. Anche sommando i seggi di Rajoy con quelli di Rivera non si arriva alla fatidica soglia di 176. Oggi Podemos non siede al Congresso, anche se ha conquistato rappresentanti nelle elezioni comunali e regionali del maggior scorso. In termini di seggi, Podemos non supera i socialisti del Psoe, anche se arriva a un soffio da loro. Infatti si aggiudica il 20,59% dei voti (69 seggi), contro il 22,15, pari a 92 parlamentari, dei socialisti. Quarto posto per il movimento liberale Ciudadanos guidato da Albert Rivera, politico catalano al suo debutto sulla scena nazionale (13,90% - 40 seggi). Quello che qualcuno bisbigliava ora probabilmente si avvererà: il premier, Rajoy, vista la situazione, potrebbe rinunciare e mandare avanti la sua vice, Soraya Saenz de Santamaria. Il premier si è esposto troppo e male durante queste ultime settimane. Il clima elettorale era diventato incandescente, nel brutto faccia a faccia con lo sfidante dei socialisti si è sentito dire di essere «indecente». In mezzo ci sono scandali di corruzione nel partito. La vice di Rajoy, è un volto più spendibile, ma in ogni caso sarebbe un governo di coalizione molto debole, di minoranza, esposto alla minaccia di elezioni anticipate.

L'unica maggioranza chiara sarebbe una grande coalizione tra i popolari e i socialisti; che però non fa parte della cultura politica del Paese. In ogni caso, in Spagna si apre un'era nuova, in cui i grandi partiti non sono più due ma quattro. L'instabilità è uno spettro che l'Europa tenterà di evitare. La Merkel si è messa al lavoro.

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