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La Spagna torna al voto Minacce di violenze dai duri della Catalogna

Paese alle urne, quarta volta in quattro anni Piano-sicurezza del governo per Barcellona

La Spagna torna al voto Minacce di violenze dai duri della Catalogna

Barcellona In queste ore tutti gli occhi sono puntati, non su Madrid dove oggi si rinnovano i 350 deputati del Parlamento e i 265 senatori, ma su Barcellona, l'anarchica, la ribelle, l'epicentro di tensioni sociali e politiche che influenzeranno fortemente il risultato finale del voto. L'impatto emotivo prodotto dalle violenze, i disordini e la guerriglia urbana guiderà la mano di molti spagnoli e catalani nel decidere dove tracciare la x.

Barcellona e la Catalogna, nemmeno nel giorno nazionale dedicato alla riflessione e al silenzio, hanno trovato una pace totale: la città da una settimana è blindatissima con cinquemila agenti di polizia ed elicotteri in cielo, gli anarchico-indipendentisti sono controllati a vista, si parla di possibili attentati e di occupazione del Parlament. Poi, si sospira. La temibile maxi manifestazione degli anarchico-indipendentisti, ieri sera si è ridotta a una piccola e innocua kermesse universitaria di protesta, disertata da chi sta già smontando la tenda per andarsene dal presidio frutto della rebbia del post sentenza del Supremo. Rimane uno zoccolo duro di Tsunami Democràtic, che parla ai media incappucciato, che minaccia disordini per oggi all'apertura dei seggi.

Il premier socialista Sánchez, dopo l'accorato richiamo di venerdì a correre in massa alle urne per sbloccare la situazione politica, a sorpresa ieri, ha incontrato alla Moncloa il Comitato di coordinamento sulla situazione in Catalogna. Era presente anche il ministro degli Interni Fernando Grande-Marlaska. Oltre a verificare il piano di sicurezza pubblica, Sánchez ha parlato di soluzioni e dialogo con la Generalitat. Una scelta che ha suscitato le proteste delle opposizioni, secondo cui il premier avrebbe utilizzato la sede del governo per uno «spot» nel giorno del silenzio elettorale.

Una risposta a Pablo Casado e Santiago Abascal, leader del PP e di Vox, che venerdì hanno simbolicamente firmato, all'interno del Parlamento della Comunità di Madrid, una richiesta di legge per dichiarare illegali tutti i partiti indipendentisti. Un atto che ha aumentato le tensioni a Barcellona, senza però sfociare in protesta in strada. Intanto, per le strade di Barcellona, l'umore è nero. «Il conflitto politico sta spaccando la società in modo irrimediabile e l'assenza di un Governo ci rende impotenti», dice al Giornale, Arnau González, 39 anni, storico, scrittore e attivista indipendentista, autore di un saggio appena pubblicato sul movimento separatista. «Lunedì avremo un governo socialista ancora ingovernabile e una destra sempre più forte e pronta a commissariarci. La crisi della politica centralista di Madrid corre parallela a quella dei separatisti di Barcellona: nessuna certezza, tanti errori e insulti.

E nessuno si accorge che in Spagna sta ritornando la crisi economica come nel 2008».

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