Politica estera

La Spagna alle urne, in ballo 12 regioni. Nel Paese torna la voglia di bipolarismo

Test elettorale a 6 mesi dalle politiche. In calo Podemos e Vox, si prospetta un confronto tradizionale tra Popolari e Socialisti

La Spagna alle urne, in ballo 12 regioni. Nel Paese torna la voglia di bipolarismo

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Trentacinque milioni e mezzo di spagnoli vanno alle urne per scegliere i governi di 12 regioni su 17, tra cui quella di Madrid, la Comunità Valenciana, le Baleari e le Canarie, e anche per il rinnovo di 8mila amministrazioni comunali in tutto il Paese. Un appuntamento politico significativo a soli sei mesi dalle prossime elezioni generali. Un test elettorale per il Partito Socialista del premier Pedro Sánchez, arrivato quasi a fine legislatura insieme ai partner di Unidas Podemos. Alle ultime elezioni comunali, quattro anni fa, la formazione del leader iberico fu la prima forza, con un vantaggio di circa 1,6 milioni di voti rispetto al Partito Popolare. Ma ora la distanza, secondo gli ultimi sondaggi, potrebbe essersi assottigliata sensibilmente. E tra socialisti e alleati (in alcuni casi formazioni locali di stampo progressista) il timore è che un eventuale asse post-elettorale tra i popolari e gli ultraconservatori di Vox possa strappare al centrosinistra il controllo di diverse piazze dall'alto valore specifico.

Gli occhi sono puntati soprattutto sulla regione di Madrid e sulla Comunità Valenciana, territori tra i più popolati del Paese e le cui dinamiche politiche spesso incidono su quelle nazionali. Nella regione di Madrid tutto lascia presagire un nuovo successo dell'attuale governatrice Isabel Díaz Ayuso, una delle principali figure del Pp, intenzionata a ottenere una maggioranza assoluta che le permetterebbe di non dover dipendere da intese con Vox. Nella regione di Valencia, invece, la coalizione di centrosinistra al governo nell'ultima legislatura (con il socialista Ximo Puig come leader) e il centrodestra partono da una situazione di parità, secondo le previsioni.

Diversi recenti sondaggi su scala nazionale danno invece il Pp in testa e il Psoe secondo, ma entrambi lontani dalla soglia della maggioranza assoluta in Parlamento. Nelle ultime settimane, sia Sánchez sia il leader popolare Alberto Núñez Feijóo si sono ampiamente spesi in prima persona per sedurre gli ultimi indecisi in vista del voto di oggi.

Il voto amministrativo potrebbe rivelarsi però la prima avvisaglia di un riavvicinamento al bipolarismo, dopo un decennio che aveva visto il tradizionale dualismo tra Popolari e Socialisti scompaginato dall'ingresso nell'arena di ben tre formazioni di matrice populista, figlie della crisi dell'Eurozona. Da una parte i nazionalisti di Vox, ultraconservatori e non immuni a simpatie franchiste. All'opposto Podemos, erede del movimento degli Indignados. E al centro Ciudadanos, di ispirazione moderata e liberale. Governare con loro apparve da subito un problema. Ma governare senza di loro si sarebbe rivelato impossibile dopo la caduta, nel 2018, dell'esecutivo di Mariano Rajoy (Pp).

Il Psoe oggi è dato stabile o in crescita, comunque intorno al 30%. Sanchez può vantare buoni risultati in economia e una parziale pacificazione con la Catalogna.

Il primo ministro deve però fare i conti con un Pp rinato sotto la guida di Alberto Nùnez Feijòo, che non solo è riuscito a riportare il Pp a percentuali competitive ma vuole sfuggire all'abbraccio di Vox per tornare alla Moncloa.

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