In Messico, il motto di Thomas Hobbes «homo homini lupus» andrebbe rivisto in «homo homini iena». Ma anche la sconcia bestiola zannuta non rende l'idea dell'abominio, dello spaventoso massacro per bande, dell'orrore e della ferocia quotidiana in cui molte aree di quel Paese - non certo il Messico turistico di Acapulco e di Cancun, dei Maya e degli Aztechi - stanno inesorabilmente affogando.
Ora, alla lunga lista di orrori che periodicamente si registrano a quelle latitudini, dove perfino i poliziotti e le istituzioni sono sporchi del sangue che origina dal traffico di coca, dovremo aggiungere i nomi dei 43 studenti desaparecidos lo scorso 26 settembre a Iguala, nello stato meridionale di Guerrero. Quei 43 ragazzi non sono desaparecidos, purtroppo. Sono morti. Morti ammazzati. Uccisi da sicari del gruppo narco «Guerreros Unidos», che si sono disfatti dei corpi bruciandoli in una discarica della vicina località di Colula. A svelare l'atroce fine dei ragazzi - alcuni gettati tra le fiamme mentre erano ancora vivi, perché l'orrore di questa devastante vicenda sia completo - è stato il procuratore generale, Jesus Murillo Karam. Formalmente, dice Karam, gli studenti saranno considerati desaparecidos finché non si potranno identificare i loro resti. Ma è una pia illusione. Dopo averli uccisi, i sicari hanno infatti avuto l'ordine di frantumare le ossa delle vittime, per fare sparire ogni traccia della strage e confondere, depistare, rendere inutilizzabili eventuali campioni di Dna.
Il procuratore federale ha spiegato che i tre arrestati circa una settimana fa hanno confessato di aver ucciso gli studenti, attaccati e poi detenuti dalla polizia municipale di Iguala su ordine del sindaco della cittadina, José Luis Abarca, considerato il mandante della strage insieme alla moglie, Angeles Pineda Villa, e al suo responsabile della sicurezza pubblica, tuttora latitante.
E perché erano stati arrestati dalla polizia? Perché quei ragazzi, tutti intorno ai vent'anni, si erano permessi di aver organizzato una contestazione durante un comizio di sua eccellenza il sindaco! E che avrebbe dovuto fare, la polizia, di quel carico ingombrante? Ma dargli una bella lezione, naturalmente. Anche se forse l'idea non era quella di ucciderli. Ma sapete come vanno queste cose. Quelli gridano, scalciano, protestano, minacciano addirittura, rischiano di far scoppiare uno scandalo.
Che fare? Patricio Retes, detto «El Pato», un grandissimo mascalzone contattato sottotraccia da elementi della polizia sa come fare. Assassino di mestiere, El Pato ingaggia due soci, Juan Osorio, detto «El Jona», e Agustin Garcia Reyes, detto «El Chereje». Sono stati loro ad ammazzarli. C'è una confessione piena, dettagliata, al riguardo. Così sappiamo per esempio che una quindicina di studenti sarebbero morti per asfissia durante il tragitto verso la discarica di rifiuti di Colula.
El Pato, El Jona ed El Chereje hanno raccontato di aver gettato i corpi nella parte bassa della discarica, dove li hanno bruciati. Poi hanno fatto dei turni di guardia «per assicurarsi che il fuoco bruciasse per ore, versandoci sopra combustibile, pneumatici e altri oggetti», ha detto il procuratore. Le fiamme hanno bruciato tutta la notte e il calore sprigionato era tale che i sicari hanno dovuto aspettare la sera del 27 settembre per rimuovere le ceneri.
Eppure, anche questa spaventosa strage finirà per essere metabolizzata da un Paese che non sembra sazio di orrore. Bande di trafficanti; settori della polizia, anche quella federale, che agiscono utilizzando disinvolte tecniche di guerriglia; episodi di guerra civile. E intere aree istituzionali, giudici compresi, trasformate in un verminaio di corrotti. Sicchè si direbbe che non ci siano ambiti della vita pubblica che non siano stati lordati, contagiati dalla lebbra veicolata dalla cocaina colombiana che ha scelto le accoglienti vastità messicane per infiltrare gli Stati Uniti e poi il resto del mondo.
Già nel 2008 il generale Sergio Aponte, l'uomo-antidroga nella Bassa California, accusò direttamente le forze di polizia della regione di essere colluse con i cartelli della coca. Al grottesco, e oltre, si giunse quando Aponte rivelò che la squadra anti-sequestri della regione era formata da un gruppo di sequestratori che lavoravano al soldo della criminalità organizzata, mentre poliziotti comprati a suon di dollari facevano le guardie del corpo ai trafficanti di droga.
Da allora è stato un crescendo di crudeltà e di scontri armati tra bande che hanno fatto decine di migliaia di morti (diecimila in quattro anni solo a Ciudad Juarez).Messico e nuvole. La faccia triste dell'America, davvero, come cantava, ma per ridere, Enzo Jannacci.
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