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Uno spazio-plano con bombe atomiche "In un colpo farebbe 10 milioni di morti"

Il presidente potrebbe riferirsi all'X37-B, un super drone invisibile per ordigni nucleari. Ma l'altro fronte del futuro è la cyber guerra

Uno spazio-plano con bombe atomiche "In un colpo farebbe 10 milioni di morti"

Lui la definisce «l'arma della fine del mondo». Conoscendo il gusto per l'iperbole di Donald Trump potremmo anche ridimensionare le dichiarazioni regalate a Bob Woodward. Ma con un veterano del Watergate neanche Trump si azzarda a bleffare. Del resto qualcosa di concreto già esiste. Per capirlo bastano le indiscrezioni sull'X37 B, un misterioso drone spaziale su cui Pentagono e Boeing lavorano da anni, e l'inaugurazione in Georgia, una settimana fa, di Fort Gordon, un edificio ultramoderno da 366 milioni di dollari progettato come nuova sede del Cyber Command, il Comando per le guerre telematiche.

Con queste due novità il Pentagono apre di fatto il fronte delle guerre spaziali e di quelle cibernetiche. Quest'ultimo, visti gli attacchi attribuiti a Cina, Russia e Iran è sicuramente già attivo. Un fronte su cui gli Stati Uniti sostengono di essersi, fin qui, limitati a bloccare gli attacchi alle installazioni civili e militari provenienti dalle linee cibernetiche nemiche. Ora, invece, - secondo il generale Stephen Fogarty, comandante in carica di Fort Gordon - potranno sfruttare le postazioni ultramoderne del nuovo comando per lanciare vere e proprie offensive contro i cyber-avversari.

Ma volendo prestar fede a un Trump deciso nell'alludere a qualcosa di «nucleare», nel descrivere «un'arma che nessuno ha mai avuto prima in questo paese» e di cui «Putin e Xi non hanno mai saputo» il pensiero corre inevitabilmente al rivoluzionario spazio-plano telecomandato progettato dalla Boeing. Quel drone spaziale, lungo nove metri e con un apertura alare di cinque metri, oltre a trovar posto sull'ogiva di un normale razzo può rientrare autonomamente sfruttando la pista del Kennedy Space Center già usata dal vecchio Space Shutle. Ma la sua particolarità è quella di essere un'arma già operativa in cui si celano progetti fantascientifici e ultra segreti. Stando alle scarne notizie disponibili gli Usa dispongono già oggi di una flotta di quattro X37-B. Nel 2017 uno di questi ha stabilito il record di permanenza nello spazio volando ininterrottamente per 718 giorni e sorvolando con insistenza Medio Oriente ed Afghanistan. Non è un caso, forse, che esattamente un anno fa nell'anniversario dell'11 settembre, Trump abbia accennato a un'arma capace di fare «10 milioni di morti in un colpo solo» in un paese come l'Afghanistan. Una delle capacità attribuite all'X37-B è, infatti, quella di trasportare e sganciare bombe nucleari senza poter esser intercettato.

Ma il super drone spaziale, al di là di un'eccezionale capacità di osservazione garantita da orbite a bassa inclinazione sarebbe sprecato in una guerra asimmetrica o a bassa intensità come quelle combattute in Afghanistan, Irak o Siria. Come fa intendere Trump rappresenta, invece, un sistema d'arma strategico capace di garantire la superiorità assoluta (sempre che nemico non disponga di qualcosa di simile) in un ipotetico scontro con Mosca o Pechino. E non solo per la capacità di mettere a segno attacchi nucleari, ma soprattutto per quella di neutralizzare gli assetti satellitari dell'avversario o incenerire i circuiti elettronici dei comandi nemici. Grazie a un modulo aggiuntivo l'X37-B porebbe esser dotato di un rivoluzionario sistema denominato Sbsp (Space Based Solar Power) capace di convertire il flusso solare in potenza elettromagnetica. Quella potenza scatenata su quadranti geografici ristretti è in grado d'innescare giganteschi black out accecando i sistemi di difesa e paralizzando la vita civile di intere regioni avversarie. Ma quella stessa potenza può venir utilizzata per concentrare fasci di micro-onde sulla rete satellitare avversaria innescando dei cortocircuiti e mettendoli fuori uso. Con l'X37 B, insomma, il raggio della morte diventa realtà.

E colpisce nello spazio extraterrestre.

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