I toni sono duri, affilati, lividi. Questa volta in rete e su Facebook non circola la parola perdono, usata e abusata, strattonata, dopo tanti drammi, e nemmeno vocaboli simili. No, oggi è il giorno della rabbia, della disperazione, dell'odio. Da Nord a Sud ecco farsi avanti chi in un istante ha scoperto di aver perso un parente caro,un fratello, una zia. E le reazioni non sono modulate sul registro del politically correct. Anzi: «Un branco di bestie ce l'ha portata via» afferma Giulia Benedetti, nipote di Nadia, una delle nove vittime italiane. «Non c'è più - va avanti la nipote - non la rivedremo più, non parleremo, non commenteremo i colori delle magliette da produrre, mia padre non andrà più a prenderla all'aeroporto, non andremo più a cantare come ci eravamo ripromesse».
Pare una poesia, quella composta di getto da Giulia. Una dichiarazione d'amore speculare ai pensieri rivolti agli assassini, a quel «branco di bestie». Non avrete il mio odio aveva scritto Antoine Leiris dopo aver perso la moglie Helene nella macelleria del Bataclan. Un messaggio che aveva fatto il giro del mondo. Coraggioso e alto, come i sentimenti più puri e nobili. Oggi invece le lacrime si mescolano alle invettive. L'Italia, dal Friuli al Lazio, è un vulcano. Da Viterbo Giulia Benedetti si rivolge a tutti gli italiani: «Non permettete a questi pazzi di commettere altre stragi, non lasciate che vincano loro». E dal Friuli Fabio Tondat, fratello di Marco, condensa la tragedia in un'immagine asciutta: «Marco non è mancato in un incidente stradale, non si può morire così a 39 anni». Il dolore si fa acuto e porta con se la condanna, implacabile, di chi ha sparso il sangue. La più classica delle maledizioni.
«Siamo sconvolti - dice la sorella di Claudio Cappelli - dall'azione di questi infami, maledetti assassini». Lo spirito del Bataclan è lontano. Forse domani affioreranno altri discorsi. Più misurati. E qualcuno si ricorderà di Leiris e del sacrificio di Helene. Ma non oggi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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