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"Lo stesso copione del mio arresto. Separata da mia figlia per spezzarmi"

L'ex vicepresidente Eva Kaili: "Non mi stupisce il caso di oggi"

"Lo stesso copione del mio arresto. Separata da mia figlia per spezzarmi"
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Nel leggere del fermo di Federica Mogherini, Eva Kaili prova "tristezza". L'ex vice presidente del Parlamento Ue era stata arrestata tre anni fa nell'inchiesta Qatargate, sottoposta a una detenzione preventiva di quattro mesi in carcere, in condizioni che lei tante volte ha denunciato. A oggi l'indagine è ancora aperta e non ha ancora portato alcuna prova di una corruzione a suo carico.

Altri arresti, tre anni dopo il suo, nel cuore dell'Europa. Cosa prova?

"Nessuna sorpresa. È lo stesso copione. Nel mio caso si è aperta un'indagine con accuse vaghe, si è abusato delle misure cautelari per cercare le prove, con fughe di notizie per costruire la percezione di colpevolezza. Il giudice istruttore poi si è dimesso, il procuratore è stato trasferito, il capo della polizia giudiziaria incriminato per violazione del segreto, e l'ispettore principale ha ammesso che il pentito aveva mentito sotto coercizione. Eppure nulla di tutto ciò ha avuto importanza. La narrativa era stata costruita prima, i fatti erano irrilevanti".

Ha detto più volte che il Belgio è un luogo pericoloso per le istituzioni. Perché?

"Quando diplomatici ed eurodeputati sono bersagli di operazioni di intelligence, lo stato di diritto e la democrazia sono a rischio. Nel mio caso è stato dimostrato che le autorità hanno fatto dossieraggio su eurodeputati e alti funzionari dell'Ue, compresi commissari e ministri, violando immunità e norme europee. Il problema è strutturale, non un incidente isolato".

Mogherini è stata rilasciata rapidamente, a differenza sua. Il metodo belga è cambiato dopo le critiche?

"È cambiato il tono, non il metodo. L'isolamento, l'assenza di un avvocato, l'allontanamento forzato da mia figlia sono stati strumenti pensati per spezzarmi, nonostante le intercettazioni e altri elementi nel fascicolo ci scagionassero. In Belgio, le garanzie vengono applicate in modo arbitrario, secondo l'utilità politica".

Anche in questo caso ci sono degli italiani coinvolti. È una coincidenza?

"Penso sia estremamente improbabile. I paesi dell'Europa meridionale sono sempre sovraesposti in queste inchieste mediatiche. È uno schema troppo ricorrente per essere ignorato".

Il suo gruppo, i Socialisti, l'ha abbandonata subito. Non c'è stata una corsa alla solidarietà nemmeno verso Mogherini. Esiste un problema di garantismo?

"Sì. A Bruxelles i partiti politici seguono i titoli dei giornali, non i principi. È più facile condannare mediaticamente che difendere la presunzione d'innocenza".

Il suo caso ha aperto gli occhi al Parlamento Ue sui rischi della giustizia belga?

"Non

abbastanza. Revocare l'immunità ad Alessandra Moretti, di nuovo senza prove solide, mentre altri vengono protetti, dimostra che il Parlamento non ha compreso il pericolo. La protezione selettiva è di per sé fumus persecutionis".

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