Guerra in Ucraina

Stop ai visti per i russi, Bruxelles adesso frena. "Unanimità improbabile"

Borrell: "Divieto integrale? Non una buona idea". Ma Zelensky insiste: "L'embargo dev'essere totale"

Stop ai visti per i russi, Bruxelles adesso frena. "Unanimità improbabile"

Non è una buona idea. Così il rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell, ha liquidato l'ipotesi che tutti i ministri degli Esteri dell'Unione blocchino l'emissione dei visti turistici ai cittadini russi. Non è la prima volta che capita in Europa: ancora una volta si va avanti in ordine sparso e senza un fronte comune e compatto. E la riunione informale dei ministri degli Esteri di oggi e domani a Praga già mette in agenda poco più di un nulla di fatto.

Del resto la situazione è complessa. Se da una parte c'è la volontà di dare un ulteriore forte segnale al Cremlino, per condannare l'invasione dell'Ucraina e colpire gli oligarchi vicini a Putin impedendogli di fare la bella vita in Europa, dall'altra un blocco totale penalizzerebbe indiscriminatamente tutti i russi. Oltre al turista medio che non ha alcun interesse (né responsabilità) nel conflitto, si rischierebbe di penalizzare in qualche modo anche chi cerca di fuggire dal regime. C'è chi la chiama «Guerra di Putin», chi estende le responsabilità a tutti i russi. Difficile trovare una quadra ma c'è chi non ha dubbi. «Questa è una guerra russa, non una guerra putiniana, ne sono certo al 100%», ha detto ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, chiedendo in modo esplicito la sospensione dei visti europei per tutti i russi, pur sottolineando però come i comuni cittadini «non devono essere isolati, ma incoraggiati a ribellarsi contro il Cremlino».

«È improbabile che i ministri degli Esteri dell'Unione europea appoggino all'unanimità il divieto di rilascio dei visti turistici russi quando si riuniranno per discutere la questione», ha ribadito Borrell, che si è detto personalmente contrario appoggiando però «un processo più selettivo». Si va a caccia di un compromesso quindi per non mettere nella lista nera chiunque abbia il passaporto russo in un costante confronto tra falchi e colombe. Non più tardi di ieri un non meglio identificato funzionario europeo aveva detto al Financial Times che «non è appropriato per i turisti russi girare per le nostre città. Dobbiamo inviare un segnale alla popolazione russa che questa guerra non è accettabile» mentre un altro collega ha sottolineato che «Siamo in una situazione eccezionale che richiede misure eccezionali. Vogliamo andare anche oltre». Facile quindi immaginare un possibile inasprimento delle misure nei confronti di oligarchi e «amici dichiarati» del regime, senza forzare la mano su turisti «comuni» e soprattutto fuggiaschi verso i quali, anzi, sarebbe necessario correre in soccorso. Un primo passo per esempio, potrebbe essere quello, di rendere più difficile e dispendiosa la richiesta dei documenti d'ingresso per i Paesi dell'Unione, lasciando in vigore i visti per ragioni umanitarie e per i dissidenti. Mentre è ancora incerto quali e quante misure verranno adottate nei confronti della Bielorussa, palesemente collaborazionista nei confronti di Putin nonostante le dichiarazioni di facciata.

Non sarà un vertice all'acqua di rose, quindi. La spaccatura è evidente tra chi chiede la mano pesante e chi predica una maggiore prudenza. Nello specifico, Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia, Polonia e Repubblica ceca puntano a una politica di «visti zero» verso la Russia. Tanto che alcuni Polonia e Paesi baltici hanno già chiuso le frontiere mentre Finlandia e Danimarca sono in procinto di farlo. Ma senza un'unanimità europea, nulla potrebbero verso i russi che scelgano di entrare in quei Paesi con visti concessi da altri Stati dell'Unione. Oltre a Borrell, anche la Germania, per voce del cancelliere Olaf Scholz, si è schierata più volte contro un provvedimento di chiusura totale, spiegando che la popolazione russa non andrebbe penalizzata per colpa delle scriteriate politiche belliche di Putin. Lui sì, felice di osservare ancora una volta un'Europa che litiga, discute e si divide per poi attaccare.

Ma in ordine sparso e un po' confuso.

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