Stop a diesel e benzina, il centrodestra tira il freno

Lega, Fi, Azione e Iv denunciano l’autogol di Pd e 5s sul voto Ue che uccide il mercato auto. Tajani: "Intervenga Draghi"

Stop a diesel e benzina, il centrodestra tira il freno

Il voto di mercoledì a Strasburgo sul «pacchetto clima» ha spaccato il Parlamento europeo, la coalizione che sostiene la Commissione di Ursula von der Leyen e gli stessi schieramenti al suo interno (il Pd si è diviso su tre posizioni diverse). Ora le sue ripercussioni rischiano di spaccare la maggioranza di governo anche in Italia.

È lo stop a tutte le automobili non elettriche entro il 2035, decretato dal Parlamento europeo, con il Ppe contrario che chiedeva di lasciare un varco alle tecnologie alternative alla batteria, a far deflagrare lo scontro a Roma. «È un autogol per il nostro paese, per l'Europa e per l'occidente tutto, e un assist senza precedenti alla Cina», avvertono i capigruppo di Forza Italia Anna Maria Bernini e Paolo Barelli, annunciando una risoluzione parlamentare per chiedere al governo di «bloccare nel Consiglio europeo quanto stabilito con il cosiddetto pacchetto Fit for 55», che punta a tagliare del 55% le emissioni di anidride carbonica. Il coordinatore azzurro Antonio Tajani parla di «scelta scellerata, per responsabilità della sinistra, che dà un colpo mortale al comparto dell'automobile» facendo «un gran regalo» al regime di Pechino, principale produttore di batterie elettriche che controlla l'80% del commercio internazionale del settore. E chiede un incontro al premier Draghi per sollecitarlo ad allineare il governo alla posizione del ministro per la Transizione ambientale Cingolani, che aveva richiamato alla prudenza e condiviso la mediazione proposta dal Ppe. Anche i capigruppo della Lega, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, vanno all'assalto di Pd e Cinque stelle che si sono schierati a favore di «uno scempio» che rischia di «polverizzare 70mila posti di lavoro in Italia, mettendoci nelle mani della Cina». Ma non è solo il centrodestra a criticare lo stop ai motori non elettrici: «Bisogna tenere le porte aperte ad altri tipi di innovazione - dice l'europarlamentare renziano Nicola Danti - altrimenti rischiamo di creare una nuova dipendenza da Pechino». E Carlo Calenda, che mercoledì ha votato l'emendamento del Ppe per frenare la svolta elettrica, attacca con durezza il Pd per «l'idolatria dell'elettrico» e spiega: «Il Pd sta sbagliando totalmente, per piantare una bandierina. Il cambiamento va governato». Dal Nazareno contrattacca Stefano Vaccari: «La destra non è green ma black: si è dimostrata paladina del fossile, tentando di ammorbidire i limiti. Abbiamo fermato un colpo di mano». Secondo Enrico Letta, i dem hanno «scelto il futuro», votando per «dare una risposta ai ragazzi di Friday for Future», mentre «la destra ha votato per mettere da parte la sostenibilità». E a chi gli contesta che in verità i dem (spaccandosi in tre) hanno votato con Giorgia Meloni per il rinvio in commissione del testo sulle quote di emissioni, spiega che «sì, ma lo abbiamo fatto per motivazioni opposte».

Il voto del Parlamento europeo è solo un primo passo: il testo costituirà la base per le trattative triangolari con Consiglio e Commissione per arrivare all'accordo finale.

E l'obiettivo «realistico» che viene indicato dallo stato maggiore di Forza Italia è quello di costruire, con i governi di altri paesi, una «minoranza di blocco» che costringa a riaprire la mediazione sugli obiettivi finali. Il negoziato nel Consiglio Ue, auspica anche Danti, potrebbe produrre risultati «diversi» da quelli sanciti dall'aula di Strasburgo.

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