"Stop alla polizia morale". Ma è giallo a Teheran. E la protesta si infiamma

Annuncio dei giudici. I media: non c'è conferma. Tre giorni di sciopero, la minaccia del regime

"Stop alla polizia morale". Ma è giallo a Teheran. E la protesta si infiamma

Tre mesi di proteste e uno sciopero generale che comincia oggi hanno convinto il regime iraniano a dare un primo segnale di apertura, se non di cedimento. Il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri ha annunciato ieri uno stop all'attività della polizia morale, la famigerata Gasht-e-Ershad. Questo braccio delle autorità ha il compito di far rispettare il codice di abbigliamento islamico del Paese ed è il più odiato dalla popolazione. Montazeri ha parlato nella città santa di Qom: «La polizia morale non ha niente a che fare con la magistratura, ed è stata abolita da chi l'ha creata». I commenti di Montazeri però devono ancora essere avvalorati dai vertici della Repubblica islamica. E pure secondo la tivù qatarina Al Jazeera non c'è conferma che le pattuglie siano state tolte dalle strade.

Proteste oceaniche hanno travolto l'Iran da quando la 22enne Mahsa Amini è morta il 16 settembre, tre giorni dopo il suo arresto da parte della polizia morale a Teheran. La sua morte è stata il catalizzatore dei disordini, alimentati anche dal malcontento per la povertà, la disoccupazione, la disuguaglianza, l'ingiustizia e la corruzione. Da allora le iraniane hanno bruciato gli hijab e si sono tagliate i capelli in segno di protesta e solidarietà. «Donna, vita, libertà», è diventato il grido di battaglia dei manifestanti.

Le autorità iraniane hanno accusato gli Stati Uniti, Israele e le potenze europee di essere dietro i persistenti disordini, e sostengono di aver usato la morte di Mahsa come una «scusa» per prendere di mira il Paese e le sue fondamenta. L'hijab, obbligatorio poco dopo la rivoluzione islamica del Paese del 1979, è diventato una questione ideologica centrale per le autorità iraniane. Tuttavia queste hanno recentemente affermato che potrebbero rivedere le modalità di attuazione delle regole obbligatorie sull'abbigliamento. L'Iran ha avuto varie forme di «polizia della moralità» sin dalla rivoluzione islamica del 1979, ma l'ultima versione - la Gasht-e-Ershad - è attualmente il principale strumento incaricato di far rispettare il codice di condotta dell'Iran. Questo richiede alle donne di indossare l'hijab, abiti lunghi e vieta pantaloncini, jeans strappati e altri vestiti ritenuti immodesti. Il controllo della forza spetta al ministero dell'Interno e non alla magistratura. Se confermato, però, lo smantellamento della polizia morale sarebbe una concessione ma non ci sono garanzie che basterebbe a fermare le proteste. Eloha, 43 anni, fa la traduttrice a Teheran e conferma che «l'abolizione della polizia morale è un successo, ma non è sufficiente, è una delle tante nostre richieste». Le forze della polizia andavano in giro con furgoni bianchi e verdi, e per lo più dicevano alle donne per strada di aggiustarsi il velo o le portavano nei cosiddetti centri di «rieducazione» se ritenuto necessario. I furgoni però non sono stati visti in giro per Teheran o in altre città di recente.

Le proteste intanto non sembrano raffreddarsi. I manifestanti hanno indetto ieri uno sciopero di tre giorni. Dovrebbe tenersi anche quando il presidente Ebrahim Raisi visiterà l'Università di Teheran mercoledì, in occasione della Giornata dello studente. Ma il regime ha già annunciato tolleranza zero. I dimostranti, però, chiedono anche scioperi da parte dei commercianti e una manifestazione verso la piazza Azadi (Libertà) di Teheran.

Hanno pure chiesto tre giorni di boicottaggio di qualsiasi attività economica. Continuano però le repressioni del regime. Quattro uomini sono stati condannati all'impiccagione per aver collaborato con il Mossad israeliano.

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