I periti della Corte d'assise di Bologna mettono mano, a trentanove anni di distanza, al materiale della strage del 2 agosto 1980. Scoprono dettagli nuovi, che mettono in discussione certezze ufficiali, rafforzano piste abbandonate, aprono scenari inesplorati. I neofascisti Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, già condannati all'ergastolo, esultano. Il loro camerata dell'epoca, Gilberto Cavallini, imputato nel processo bis, tace. I familiari delle vittime si indignano perché vedono messa in discussione la verità cui si sono abbarbicati in questi anni: la colpevolezza dell'ultradestra, Mambro e Fioravanti in testa.
1. L'INTERRUTTORE
I periti trovano un interruttore simile a quelli per tergicristalli «che non aveva alcuna ragione di esserci». Ipotizzano che fosse stato collegato all'esplosivo per non farlo esplodere durante il trasporto, e che essendo artigianale abbia causato lo scoppio accidentale. È l'ipotesi della «strage per caso» a lungo sostenuta da Francesco Cossiga, ex presidente della Repubblica.
2. LO SCIACALLO
I periti citano due attentati compiuti con modalità di innesco simili da Ilic Ramirez Sanchez detto Carlos, terrorista internazionale legato ai servizi segreti del Patto di Varsavia e alla resistenza palestinese. Torna d'attualità la presenza a Bologna nel giorno della strage di due tedeschi legati a Carlos, Margot Christa Frohlich e Thomas Kram.
3.L'ESPLOSIVO
Il tipo di esplosivo individuato dai nuovi periti però sembra portare in altra direzione. Secondo i periti il carico «era costituito essenzialmente da Tritolite e/o Compound B (Tnt + Rdx o T4) di sicura provenienza da scaricamento di ordigni bellici». Non è l'esplosivo utilizzato da Carlos. Il recupero di esplosivo da residuati bellici era invece la fonte di approvvigionamento in quegli anni del gruppo veneto di Ordine Nuovo, con cui l'attuale imputato Cavallini era in stretti legami. Attentati con quell'ingrediente vengono compiuti dal gruppo pochi mesi prima della strage a Roma contro il Csm e il ministero dell'Istruzione, La mattina del 2 agosto, il giorno della strage di Bologna, Cavallini accompagna Fioravanti e la Mambro da Treviso a Padova, poi va al poligono di Mestre a consegnare una pistola a Carlo Digilio, l'esperto di esplosivi di Ordine Nuovo. Nel 1995 Mambro e Fioravanti rivelano l'incontro con Cavallini al giudice istruttore milanese Guido Salvini che trasmette il verbale a Bologna. Per oltre vent'anni la Procura di Bologna non sviluppa il tema.
4. IL CORPO SCOMPARSO
Secondo i periti, il tipo e la quantità di esplosivo utilizzato per la strage erano del tutto inadatti a polverizzare un corpo. L'ipotesi che di Maria Fresu, la 27enne sarda che quel giorno era alla stazione con la figlia, possa essere rimasto solo il lembo di volto ufficialmente ritrovato, viene considerata inverosimile. I pochi resti andranno riesumati. Ma i periti ipotizzano anche che siano andati dispersi: «La foga di cercare qualcuno vivo, ha prodotto azioni che hanno sicuramente determinato la dispersione ed il mescolamento di parti organiche. È estremamente probabile che parti di corpi dilaniati siano stati proiettati in prossimità di altri corpi e ciò ha sicuramente indotto chi raccoglieva i resti ad accomunarli».
5. E ADESSO?
I neofascisti chiedono che venga interrogato Carlos.
Carlos, dice il suo legale, è pronto a parlare. Ma la sua versione il terrorista l'ha già data al pm Enrico Cieri, che andò nel 2009 a interrogarlo in Francia: «Dietro la strage c'erano la Cia e il Mossad». Improbabile che ne abbia le prove.
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