
Le trattative in corso a Doha per una tregua a Gaza sono finite in un vicolo cieco, anzi peggio. E a bloccare tutto sarebbe la parte palestinese. Nella serata di ieri è arrivata la notizia che ha ribaltato tutto. Hamas avrebbe respinto la proposta di mediazione avanzata dal Qatar per un cessate il fuoco nella Striscia. A riferirlo al sito israeliano Ynet è una fonte politica dello Stato ebraico. Che accusa il movimento islamista: "Ostacola i colloqui, rifiuta di fare concessioni e accompagna i negoziati con una guerra psicologica volta a sabotare il processo, diffondere menzogne tra la popolazione di Gaza e fare pressione sull'opinione pubblica israeliana". Lo Stato ebraico avrebbe dimostrato "disponibilità e flessibilità", mentre il gruppo fondamentalista "mantiene posizioni rigide che impediscono di far avanzare un accordo". La fonte ha sottolineato che se Hamas avesse accettato l'offerta qatariota, si sarebbe potuto giungere a un'intesa e avviare un negoziato di 60 giorni sulla fine della guerra, "in linea con gli obiettivi israeliani". Nonostante il rifiuto, le trattative proseguono.
Già in mattinata la Bbc aveva confermato lo stallo e aveva definito i colloqui in Qatar a serio rischio. Secondo fonti palestinesi dell'emittente britannica, vicine alle discussioni in corso e a conoscenza dei dettagli, le trattative a Doha sono "sull'orlo del collasso". Nonostante Benjamin Netanyahu, di ritorno dagli Usa, abbia parlato di una possibile intesa "in pochi giorni", le fonti accusano invece il premier dello Stato ebraico di aver "preso tempo" col suo viaggio a Washington da Donald Trump e di non aver deliberatamente dato alla delegazione israeliana a Doha un mandato forte per chiudere i negoziati e una reale autorità per prendere decisioni sui punti chiave della contesa, ovvero il ritiro delle truppe di Tel Aviv e la distribuzione degli aiuti umanitari.
E proprio vicino a un centro di distribuzione si è registrata ieri l'ennesima strage a Gaza. L'esercito israeliano ha sparato su una folla di civili in attesa di aiuti ad Al-Shakoush, a Nord di Rafah, nella Striscia meridionale. Almeno 30 palestinesi sono stati uccisi e oltre 180 sono rimasti feriti a causa, quindi, del fuoco delle forze dello Stato ebraico. A dirlo sono fonti locali citate dall'agenzia palestinese Wafa. Mentre fonti mediche hanno confermato che il bilancio totale delle vittime a Gaza ieri è salito a 60 per i continui bombardamenti e spari israeliani in diverse zone dell'enclave. Tra questi, diverse donne e bambini sono stati uccisi e feriti. Venerdì invece, secondo la Difesa civile palestinese, circa 30 persone hanno perso la vita, in gran parte di nuovo nel tentativo di procacciarsi del cibo.
Ad accrescere lo sdegno internazionale è un post choc del ministro della Difesa israeliano. Israel Katz ha pubblicato su X una foto delle rovine di Gaza, accompagnate dal commento: "Dopo Rafah, Beit Hanoon". Rafah, la città più meridionale della Striscia, al confine con l'Egitto, è stata quasi completamente distrutta dall'esercito israeliano.
Beit Hanoon è un centro importante nella parte settentrionale dell'enclave, ora sotto pesante assedio da parte delle forze di Tel Aviv. Le autorità dello Stato ebraico vorrebbero sfollare la maggior parte dei palestinesi dal nord di Gaza e costringerne centinaia di migliaia in un campo che verrà costruito proprio sulle rovine di Rafah.