Strage Covid "colpa" di Neanderthal

La diffusione del virus in Val Seriana legata alla presenza del Dna di 50mila anni fa

Strage Covid "colpa" di Neanderthal
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In estrema sintesi, se 50mila anni fa l'Uomo di Neanderthal e la Donna Sapiens non si fossero incontrati in qualche sperduto luogo tra la Persia e la Croazia per quel fortuito gioco dell'evoluzione umana che tutti conosciamo, oggi, duemila generazioni dopo, il Covid non avrebbe potuto fare gravi danni. Senza forse. Non è fantamedicina, ma il risultato rigoroso di uno studio durato ventiquattro mesi, realizzato dall'Istituto Mario Negri di Milano, che sarà pubblicato a giorni sulla rivista scientifica iScience e anticipato ieri in Regione Lombardia. Con il titolo che è già un destino, «Origin», gli scienziati sono andati a cercare se e quale relazione ci fosse tra fattori genetici e gravità della malattia. Perché alcuni si sono ammalati di più e altri di meno, se il dna in qualche modo poteva fornire una risposta scientifica a quello che è parso un beffardo gioco della sorte nel distribuire sintomi lievi e morti inspiegabili nell'anno '20 di una nuova era. Sotto la lente di ingrandimento per due anni è finito così un campione di 1200 persone nella provincia di Bergamo, epicentro della pandemia, selezionate tra quasi diecimila volontari. 9.733 per l'esattezza, ognuno con la sua storia clinica e familiare, finita diligentemente dentro un questionario. Ma sotto quella lente è finito soprattutto il loro dna, analizzato per ciascuno dei 1200 selezionati nelle sue 9 milioni di varianti. E lì, dentro quell'incrocio di ataviche indelebili informazioni, è spuntato lui, l'Uomo di Neanderthal, già responsabile secondo gli esperti di parecchi acciacchi più o meno gravi di noi discendenti.

«Chi è stato esposto al virus ed è portatore dell'aplotipo di Neanderthal - ha spiegato Marina Noris, responsabile del Centro di genetica umana del Mario Negri - aveva più del doppio del rischio di sviluppare Covid grave (polmonite), quasi tre volte in più il rischio di aver bisogno di terapia intensiva e un rischio ancora maggiore di aver bisogno di ventilazione meccanica rispetto ai soggetti che non hanno questo aplotipo». C'è insomma chi è più neanthedarliano e chi meno. E di questo il sospetto forse qualcuno lo aveva già avuto... Ma qui la preistoria diventa scienza, dà risposte al presente ma soprattutto proietta verso prevenzioni future. Chi ha una percentuale maggiore di quel «pacchetto» di geni derivanti dall'Uomo di Neanderthal ha corso il rischio di contrarre il Covid in modo più severo. «La cosa sensazionale» per Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto Mario Negri che ieri ha illustrato la ricerca «è che 3 dei 6 geni che si associano a questo rischio sono arrivati alla popolazione moderna dai Neanderthal, in particolare dal genoma di Vindija che risale a 50 mila anni fa ed è stato trovato in Croazia. Una volta forse proteggeva i Neanderthal dalle infezioni, adesso però causa un eccesso di risposta immune che non solo non ci protegge ma ci espone a una malattia più severa. Le vittime del cromosoma di Neanderthal nel mondo sono forse un milione e potrebbero essere proprio quelle che, in assenza di altre cause, muoiono per una predisposizione genetica». E questo spiegherebbe anche perché ad esempio il Covid non ha toccato la popolazione dell'Africa, ma si è concentrato solo in alcune zone del mondo.

Per entrare nel merito, questa suscettibilità è collegata in particolare alla presenza di tre dei sei geni di questa regione che si trovano sul cromosoma 3: si tratta dei geni CCR9 e CXCR6, responsabili di richiamare i globuli bianchi e causare infiammazione durante le infezioni, e del gene LZTFL1, che regola lo sviluppo e la funzione delle cellule epiteliali nelle vie respiratorie, condizionando le diverse manifestazioni della malattia. È provato quindi che nel prototipo Neanderthal le cellule infiammatorie sono più reattive mentre quelle «cigliate» delle vie respiratorie avevano minore capacità di liberarsi dal virus. Non è chiaro quale gene giochi il ruolo più importante.

Tutto molto complicato, ma quando si parla di Covid come ha sottolineato Remuzzi se c'è una cosa che ci ha insegnato è a «non avere certezze». A parte una, ora: che l'Uomo di Neanderthal continua a far danni in mezzo mondo.

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