
Un boato, poi il fuoco. Giovedì pomeriggio, il volo AI171 di Air India, partito da Ahmedabad e diretto a Londra Gatwick, è precipitato pochi istanti dopo il decollo. A bordo c'erano 242 persone. Ne è sopravvissuta una sola, Vishwash Kumar Ramesh, cittadino britannico di origine indiana. Era seduto al posto 11A. Un dettaglio che potrebbe sembrare insignificante, se non fosse che lo stesso numero di sedile ha salvato 27 anni fa un altro passeggero da un disastro molto simile. L'11 dicembre 1998 il cantante thailandese Ruangsak Loychusak era a bordo del volo Thai Airways 261, precipitato vicino a Surat Thani, dove sono morte 101 persone. «Ho la pelle d'oca. Il sopravvissuto era seduto nello stesso posto in cui ero seduto io, l'11A», ha scritto sui social.
Diverse ipotesi sono al vaglio degli investigatori per capire le cause dell'incidente in India. Alcuni esperti parlano di un guasto simultaneo ai due motori, evento rarissimo ma possibile. È stato anche ipotizzato che non sia entrata in funzione la turbina Rat, dispositivo d'emergenza che alimenta i sistemi essenziali in caso di perdita di potenza. Si valuta anche la possibilità di un bird strike. L'aeroporto di Ahmedabad è noto per la presenza costante di volatili. Secondo i dati del ministero dell'Aviazione, nello stato del Gujarat si sono verificati 462 impatti con uccelli in cinque anni, 38 solo nel 2022-23.
Altri suggeriscono che i flap non fossero estesi correttamente. In fase di decollo, soprattutto con temperature elevate come i 40°C registrati giovedì ad Ahmedabad, sono fondamentali per far sollevare l'aereo a bassa velocità. «Una corsa con flap retratti attiva l'allarme di configurazione», ha spiegato l'ex pilota Marco Chan alla Bbc. «Un errore umano è possibile, ma altamente improbabile, vista la quantità di checklist e verifiche in cabina».
Sumeet Sabharwal, 60 anni, il comandante del volo Air India, non era certo alle prime armi. Pilota veterano con quasi trent'anni di esperienza e oltre 8.200 ore di volo, faceva anche formazione ai piloti più giovani. Sarebbe dovuto andare in pensione presto. Aveva detto di voler trascorrere più tempo con il padre, ex funzionario dell'ente indiano per la regolamentazione dell'aviazione civile. Viveva a Mumbai, in un quartiere dove in molti lo ricordano per il suo stile discreto. «Era molto riservato. Lo vedevamo spesso andare e venire in uniforme», ha raccontato un vicino. Il copilota era Clive Kundar, primo ufficiale con circa 1.100 ore di volo all'attivo, regolarmente abilitato a pilotare il Boeing 787 Dreamliner.
Mentre il Ceo di Boeing, Kelly Ortberg, ha revocato la partecipazione del colosso Usa la settimana prossima all'air show di Parigi Le Bourget per concentrare tutta l'attenzione sulle investigazioni relative all'incidente di giovedì, l'autorità dell'aviazione civile indiana ha ordinato ispezioni straordinarie su tutti i Boeing 787-8 e 787-9 Dreamliner prima di ogni decollo. Le compagnie dovranno verificare motori, sistemi di controllo e parametri di potenza. Anche Air India, che ne possiede oltre 30, è stata sottoposta a nuove procedure di sicurezza.
Sulla tragedia, manca ancora un bilancio definitivo. Secondo le stime, i morti potrebbero superare i 300, considerando anche le vittime a terra nella zona dell'impatto. Intanto, fuori dall'ospedale di Ahmedabad, decine di familiari attendono.
Molti hanno consegnato campioni di Dna per il riconoscimento delle salme. Le operazioni saranno lunghe.Tra i rottami e il fumo, resta solo un dettaglio intatto: il posto 11A. Quasi trent'anni dopo, lo stesso sedile. Un altro disastro. Un altro sopravvissuto.