Uccise la fidanzata la sera del 31 luglio scorso, nei pressi di Lignano Sabbiadoro, strangolandola. Guidò per alcune ore con il cadavere al suo fianco. Si consegnò infine alla polizia stradale di Palmanova, reo confesso. Difficile poter anche solo immaginare l'abisso nel quale finì la mente di Francesco Mazzega in quelle ore omicide.
Lei si chiamava Nadia Orlando, aveva 21 anni. Entrambi friulani, lavoravano nella stessa azienda. Lui da ieri è agli arresti domiciliari, integrati con l'applicazione del braccialetto elettronico. Dopo meno di due mesi da quando commise l'omicidio, dopo 47 giorni trascorsi in carcere. Perché Mazzega non ci finì subito ma passò un periodo iniziale in ospedale, ricoverato per prevenire atti di autolesionismo. Dimesso, fu quindi incarcerato il 10 agosto. Prima a Udine, da cui fu trasferito dopo la protesta dei detenuti del carcere alla notizia del provvedimento dei domiciliari. Poi a Palmanova da dove è appunto uscito ieri. In realtà gli arresti domiciliari furono disposti dal Tribunale del Riesame di Trieste già a fine agosto, dopo circa un mese dall'omicidio, ma l'applicazione ha dovuto attendere la disponibilità di un braccialetto elettronico, che tardava.
Quando la famiglia di Nadia Orlando è venuta a conoscenza della decisione del Tribunale del Riesame ha commentato che è stato come ricevere «un pugno allo stomaco», un «beneficio del tutto ingiustificato». Una reazione comprensibile di rabbia e incredulità, che non poteva umanamente tener conto delle motivazioni giuridiche alla base della decisione dei giudici di Trieste. È stato lo stesso procuratore di Udine, Antonio De Nicolo, a spiegare come l'ordinanza del Tribunale del Riesame «mette in evidenza che il fatto è gravissimo e ravvisa il pericolo che (Mazzega) possa ripetere fatti del genere. I giudici però scrivono anche che il rischio è sufficientemente salvaguardato dagli arresti domiciliari integrati dal braccialetto elettronico». Un braccialetto per impedire la reiterazione del reato. Non ci crede molto nemmeno la stessa procura che ha fatto ricorso in Cassazione contro la decisione dei domiciliari.
Dalle settimane successive alla decisione del Riesame si sono intanto moltiplicati gli appelli contrari, con la proliferazione di gruppi social che chiedono una pena più severa per l'omicida reo confesso. Gli stessi cittadini di Vidulis di Dignano, paese natale di Nadia Orlando, sempre in provincia di Udine, hanno lanciato una petizione popolare in opposizione alla decisione del tribunale, per chiedere che l'assassino non esca dal carcere dopo soli due mesi dal crimine. Senza ovviamente giungere al loro obiettivo. L'avvocato della famiglia Orlandi ha fatto sapere che i genitori «ringraziano tutti per la vicinanza al loro immenso e indescrivibile dolore e perché, con queste azioni, contribuiscono a tenere alta l'attenzione su una tragedia ancora inspiegabile.
Mazzega, infatti, non ha dimostrato concreti segnali di pentimento e anche la sua dichiarata volontà di collaborare per ora è rimasta solo sulla carta». L'omicida ora dovrà trascorrere gli arresti a Muzzana del Turgnano, un paesino in provincia di Udine. Nella casa dei genitori.
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