Lo strano governo degli omonimi

Lo strano governo degli omonimi

Cambia la squadra, ma non l'allenatore. Giuseppe resta a Palazzo Chigi mentre Antonio, ex ct azzurro, è partito alla grande con l'Inter. Il destino dei due Conte nazionali si intreccia con quello di numerosi ministri che hanno appena giurato al Quirinale di «osservare lealmente» la Costituzione della Repubblica. Nel Paese dei mille cognomi accade sovente che personaggi sconosciuti appena saliti alla ribalta siano oscurati da omonimi illustri o persino famigerati. Qualsiasi Rossi finito all'improvviso sotto i riflettori sarà sempre preceduto da Vasco, Valentino e Paolo. Un Ferrari da Enzo, un Caruso da Enrico, un Riva da Gigi.

Chi ha meno problemi identitari è il ringiovanito Dario Franceschini, sempre più sbarazzino ad ogni approdo a un ministero (terzo ingresso in cinque anni). Quando muoveva i primi passi nella Dc negli anni '70, il Franceschini che finiva in prima pagina non era certamente lui, ma l'omonimo Alberto, fondatore delle Brigate Rosse e primula rossa fino all'arresto avvenuto nel 1974. Dario si è lasciato crescere da tempo i capelli e la barba, twitta dal Quirinale come un adolescente impazzito e pensa già come succedere a Mattarella come presidente della Repubblica tra due anni e mezzo.

Dici Provenzano e pensi subito a Bernardo, il capo dei capi di Cosa Nostra, morto nel 2016 dopo una vita dedita al crimine organizzato e ai bagni di sangue. Acqua passata. Da oggi Provenzano è Giuseppe, detto Peppe, siciliano di Milena (Caltanissetta), dalla barba rossiccia che tradisce radici normanne. Come nuovo ministro per il Mezzogiorno avrà modo di fare scintillare un cognome legato tristemente alla stagione delle stragi.

Alzi la mano chi conosce Enzo Amendola. Nessuno. Alzi la mano chi conosce Claudio Amendola. Tutti. Coraggio Enzo, curi bene gli Affari Europei e vedrà che dopo qualche comparsata tra tg e talk show non la scambieranno più per il popolarissimo attore romano. Lui si proclama comunista, di lei sappiamo solo che si destreggia nel Pd tra Renzi e Zingaretti. Oltre a portare un cognome che ha fatto la storia della sinistra italiana.

E come risolvere il dilemma Boccia. L'ha detto Boccia. Chi? il presidente di Confindustria o il neo titolare degli Affari Regionali, Francesco? A dire il vero l'equivoco dura dal 2016, da quando Vincenzo si è insediato in viale Astronomia. Francesco è da anni un politico piuttosto conosciuto, grazie allo stile moderato, alle frequenti apparizioni televisive e al matrimonio bipartisan con Nunzia De Girolamo. A casa Boccia-De Girolamo è stata raggiunta la parità: lui diventa finalmente ministro, onore già conquistato dalla moglie nel 2013 come titolare dell'Agricoltura nel governo Letta.

Nella grande partita di Montecitorio, per tornare ai paragoni calcistici, non potevano mancare i giocatori. Elena Bonetti, ministro per la Famiglia, rimanda a un'altra famiglia, quella di Dario e Ivano Bonetti, popolari negli anni '80 tra Juventus, Milan e altri club di prima fascia.

E se il gioco si fa duro ci penserà Lamorgese ad arbitrare. Luciana dirigerà la grande partita dell'immigrazione, anche perché l'omonimo fischietto di Serie A Pierluigi, oggi settantenne, si è ritirato nel 1987 assieme a Platini.

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