La strategia dei pm e le prove segrete: pressing psicologico per il "passo falso"

Non si cercano soltanto indizi informatici. Il quadro (tenuto nascosto) della Procura

La strategia dei pm e le prove segrete: pressing psicologico per il "passo falso"
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Improbabile che un'arma del delitto riappaia da un fosso dopo diciott'anni. Arduo immaginare che da un computer o da un telefono emergano prove schiaccianti, quando il proprietario ha avuto tutto il tempo di farle sparire. Eppure chi conosce il modo di indagare di Fabio Napoleone, procuratore della Repubblica di Pavia, e del suo «vice» Stefano Civardi, sa che alla fine tutto avrà un senso preciso. Quando i tanti elementi che ancora (fortunatamente) non sono di dominio pubblico verranno resi noti, allora si capirà come sia stato possibile non solo che la Procura abbia deciso di riaprire un caso già ufficialmente chiuso, ma anche che lo stia facendo con una determinazione di cui l'irruzione di ieri mattina a casa di Andrea Sempio e dei suoi amici è solo l'ultima puntata.

Sono operazioni che i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano hanno messo in atto seguendo per filo e per segno le direttive della Procura. L'obiettivo primario è sicuramente quello di acquisire prove: soprattutto quelle informatiche, che possono essere sopravvissute a una pulizia sommaria del computer e dei telefoni.

Accanto, si intuisce un obiettivo parallelo quasi altrettanto importante: il pressing psicologico, tenere alta la tensione su tutti i protagonisti e i comprimari della «pista bis» sull'omicidio di Garlasco, evitare che si stemperi in attesa dei tempi lunghi delle analisi del Dna e delle impronte digitali. Impossibile ipotizzare quanti telefoni e quanti ambienti siano sotto controllo in questo momento nella caccia all'assassino di Chiara, ma è chiaro che anche da tutto quanto viene detto in queste settimane e «ascoltato» in diretta dai carabinieri la Procura può avere la conferma di essere stavolta sulla pista giusta. Come accadde già otto anni fa, quando uscendo dall'interrogatorio Sempio e suo padre Giuseppe si resero conto di essersi contraddetti: «Abbiamo cannato», li registrò dire la microspia in sala d'attesa. Allora lo sfogo restò senza conseguenze.

A rafforzare la convinzione di Napoleone e del suo staff ci sono anche sviluppi recenti: come la reazione di Daniela Ferrari, madre di Sempio, quando il 30 aprile è stata interrogata in caserma dai carabinieri. Non ha risposto a nessuna domanda, ma a una in particolare ha reagito andando quasi nel panico: quando le hanno fatto il nome di un vigile del fuoco di Garlasco, anche lui interrogato nell'indagine bis. Il pompiere avrebbe smentito una parte dell'alibi fornito a Sempio dalla madre per il giorno del delitto, il 13 agosto 2007. I carabinieri hanno considerato un «passo falso» la reazione della donna. Certo, l'assenza di un alibi non può mai essere considerata una prova: ma la invenzione di un alibi fasullo può invece diventare almeno un robusto indizio.

Così la testimonianza del vigile del fuoco amico di mamma Sempio si va ad aggiungere agli altri elementi accumulati in questi mesi: a partire dal Dna lasciato dall'assassino sulle unghie di Chiara, e che per la Procura - in attesa dei tempi lunghi della nuova consulenza - è sicuramente di Sempio.

Non è un caso che nel decreto di perquisizione eseguito ieri mattina e reso noto dal Tg1 si citi esplicitamente come il tassello principale dell'accusa, la base che rende inevitabile tutto il resto dell'indagine, la «consulenza tecnica genetica depositata il 6 febbraio 2024 dal prof. Carlo Previderè», dove il Dna di Sempio e delle unghie combaciano.

Il pressing non ha di mira solo Sempio: fanno parte della strategia anche i sequestri a carico di Roberto Freddi e Mattia Capra, tra i migliori amici del sospettato. I due possono spiegare alcune telefonate nelle ore a ridosso del delitto.

E possono anche raccontare chi era davvero Andrea nel 2007: «Le abitudini di vita dell'indagato all'epoca dei fatti», «i rapporti tra la vittima, l'indagato, la sua cerchia di amici», come recita il decreto di perquisizione, le possono raccontare Freddi e Capra meglio di qualunque computer. É lì che la Procura di Pavia cerca il vero tassello che manca nell'indagine su Sempio: il movente.

Che, a dire il vero, mancava anche nel processo contro Alberto Stasi.

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